Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

E qui Freud torna, ancora-e sarà una delle ultime volte-ad esprimere il suo privilegiamento per la Germania: «È consolatorio pensare che il nostro popolo tedesco sia stato quello che meglio si è comportato in questa circostanza; forse perché è sicuro della vittoria. Il commerciante, [allusione allo stereotipo dell'Inghilterra?] prima della bancarotta, è sempre un imbroglione». Ma non è questo ultimo l'aspetto che conta. Preme piuttosto sottolineare che in queste poche righe è accennata, in embrione, la volontà di Freud di non sottrarsi al «dovere» di «comprendere l'incomprensibile»; cercherà di lì a poco di assolverlo con le Considerazioni attuali, qui, nella sostanza, anticipate. E più ancora lo saranno nella lettera che invierà il 28 dicembre allo psichiatra olandese Frederik van Eeden, che la fece pubblicare, il 17 gennaio successivo, sulla rivista «De Amsterdammer». Benché assai nota-la riferiscono sia Jones26 , sia i curatori dell'edizione italiana delle Opere27 -è forse il caso di riportarla per intero ancora una volta: 112 Egregio collega, sotto l'influsso di questa guerra mi permetto di rammentarLe due asserzioni che la psicoanalisi ha avanzato e che certamente hanno contribuito a renderla impopolare presso il pubblico. Dallo studio dei sogni e delle azioni mancate delle persone sane, oltreché dei sintomi nevrotici, la psicoanalisi ha tratto la conclusione che gli impulsi primitivi, selvaggi e malvagi dell'umanità non sono affatto scomparsi, ma continuano a vivere, seppure rimossi, nell'inconscio di ogni singolo individuo (così ci esprimiamo nel nostro gergo), aspettando l'occasione di potersi riattivare. La psicoanalisi ci ha inoltre insegnato che il nostro intelletto è qualcosa di fragile e dipendente, gingillo e strumento delle nostre pulsioni e dei nostri affetti, e che siamo costretti ad agire ora con intelligenza ora con stoltezza a seconda del volere dei nostri intimi atteggiamenti e delle

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