Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

colata per terra e davanti, enorme, seduta su un'enorme poltrona, davanti a una parete divisoria a vetri, in quel momento aperta, minacciosa, la madre. Il ricordo ha aggiunto nella minaccia dell'enorme corpo materno, lo spavento che la vetrata aperta lascia intuire riferentesi a un altro luogo, dove l'analizzante dormiva, diviso, o unito anch'esso da una vetrata, opaca, alla stanza dei genitori. Lo stesso utilizzo del tema, avviene nel caso dell'analizzante di Virginia Finzi Ghisi12 , una nevrosi traumatica e l'uomo che appare nei sogni con la giacca a quadri («sono io o è lui a fare scoppiare la bomba?»), dove i quadri della giacca del padre servono a ricomporre il reticolato dei fili elettrici spezzati che caddero a terra durante il bombardamento reale di cui è rimasta nella memoria la scena silenziosa dell'attraversamento della strada deserta, ed è questa saldatura, che riguarda anche il collegamento con il padre collezionista di quadri, di dipinti a olio e acquerello, a creare ora il «contatto» necessario allo scoppio fragoroso della bomba. E si crea un doppio versante. Nel momento in cui Van Gogh pone mano al suo primo dipinto a olio scrive al fratello raccontandogli di come avesse curato due anni prima un ustionato da uno scoppio di grisù nella miniera spalmandogli la pelle con olio e avvolgendolo con teli. Il trauma ha trovato la sua cura nel lenimento, il colore si ingrassa e si sparge, ed è ora che si può parlare dell'evento che l'ha provocato. Il colpo alla fronte, il sogno dei quadri, rievoca in.età matura il luogo della fobia, come quello a partire dal quale si può parlare di trauma. La ripetizione copre e scopre. Se dunque il delirio, formazione di difesa, haper oggetto, lo vedemmo, qualcosa che è vero anche se non è reale, al contrario, al momento del suo accadere, il trauma è reale ma non è vero. Vero lo diventerà quando di fronte al 29

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