Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

Il piccolo Hans rivista di analisi materialistica 55 autunno 1987 Sergio Finzi Sergio Finzi 5 Verso una definizione di "nevrosi di guerra" 9 La coloritura del disegno e la modifica dell'ipotesi del trauma nell'eziologia delle nevrosi Sigmund Pfeifer · 33 Manifestazioni delle pulsioni erotiche infantili nel gioco (con una nota di Manuela Trinci) Filippo Maria Ferro Maria Costanza Tannini 97 Le ceneri di Kraepelin Michele Ranchetti 117 Freud: affetti Mario Spinella 129 In treno con Freud CONNESSIONI FREUDIANE Giuliano Gramigna 154 Il libro strano: Milli Graffi 171 Moreno Manghi 185 Franco Rella 203 DOCUMENTI Gyorgy Vikar 208 Ayesha e la teoria Arguzia e lavoro onirico nel nonsense Cera perduta Diario di lavoro Qualche esperienza di psicoterapia focale degli adolescenti (con tina nota di Ennio Barelli)

Il piccolo Hans rivista di analisi materialistica direttore responsabile: Sergio Finzi comitato di redazione: Contardo Calligaris, Sergio Finzi, Virginia Finzi Ghisi, Giuliano Gramigna, Ermanno Krumm, Mario Spinella, Italo Viola. a questo numero hanno collaborato: Ennio Borelli, Contardo Calligaris, Filippo Maria Ferro, Sergio Finzi, Virginia Finzi Ghisi, Milli Graffi, Giuliano Gramigna, Ermanno Krumm, Moreno Manghi, Sigmund Pfeifer, Michele Ranchetti, Franco Rella, Mario Spinella, Maria Costanza Tonnini, Manuela Trinci, Gyorgy Vikar, Italo Viola. redazione: Via Nino Bixio 30, 20129 Milano, tel. (02) 2043941 abbonamento annuo 1987 (4 fascicoli): lire 35.000, estero lire 52.500 e.e. postale 33235201 o assegno bancario intestato a Media Presse, Via Nino Bixio 30, 20129 Milano Registrazione: n. 170 del 6-3-87 del Tribunale di Milano Fotocomposizione: News, via Nino Bixio 6, Milano Stampa: Litografia del Sole, Albairate (Milano)

Verso una definizione di <<nevrosi di guerra'' È il novembre 1918. Con il dattiloscritto del Tractatus logico-philosophicus nello zaino, Wittgenstein viene fatto prigioniero e inviato al centro di raccolta di Cassino. Negli stessi giorni, un altro soldato al fronte, certo Pfeifer, aveva un manoscritto nello zaino. Il dottor Sigmund Pfeifer di Budapest stava infatti completando la stesura del suo studio freudiano sul gioco. Qualcosa, evidentemente la situazione in gùerra, unisce i due soldati, ma anche nei loro studi scopriamo come, sottilmente, sia il motivo della guerra a permetterci oggi di leggerli insieme. Gli antecedenti del Tractatus, possiamo trovarli quindici anni prima nei Principia Ethica di G. E. Moore e nei Principles of Mathematics di B. Russell, usciti contemporaneamente. Essi inaugurano uno stile analitico che si basa su dati elementari: i sense-data e i particolari logici, come unità minime, contrapposte a una visione organica totale della realtà. Il Tractatus che sarà pubblicato dallo stesso Russell nel 1922, partecipa di questo «stile analitico» in cui proposizioni logiche raffigurano stati di fatto elementari. L'opera persegue una chiarezza perfetta, nella delimitazione da tutte le nebbie metafisiche. Su questo atomismo logico, su questo tentativo di spezzettare il mondo in stati di fatto elementari, in impressioni . 5

puntuali, si dirige il lavoro di Pfeifer, che ne individua la necessità nel meccanismo di ripetizione: il processo di suddivisione rende meno terribile, rende anzi quasi irriconoscibile l'uccisione del padre (e l'incesto). La teoria dei giochi di Pfeifer rivela ciò che la filosofia analitica nasconde. Ma ciò che più mi interessa in questo momento e che accomuna la pubblicazione della «posizione della psicoanalisi in rapporto alle principali teorie dei giochi» al mio saggio sul rapporto tra colorazione e trauma, è il rapporto che incomincia a delinearsi con ciò che Freud dichiarerà dopo la guerra: non abbiamo fatto a tempo a scoprire il legame tra la nevrosi di guerra e le strutture psichiche, l'affetto cioè che l'accomuna alla ordinaria nevrosi. Per Pfeifer il gioco si stabilisce in relazione al padre, e si colloca tra le altre formazioni dell'inconscio, il sogno, il sintomo, il fantasticare trovando così nella teoria psicoanalitica,. non si tratta di psicoanalisi applicata, un suo specifico statuto. Il gioco si manifesta come una messa in atto, una prima realizzazione, una piccola attuazione di qualcosa di molto drammatico, reso più sopportabile dal fatto che il padre sia fatto in minutissimi pezzi piuttosto che ucciso in un sol colpo come il padre di Edipo, e che questi pezzetti siano visti distinti, suddivisi, distribuiti tra molti giocatori. Il motivo dell'evidenza, della chiarezza della «rappresentazione perspicua» in Wittgenstein, è assai somigliante alla funzione anticipatrice che legammo alla «silhouette», sembra quasi un preparativo all'awento del trauma della guerra. Una chiarezza che, anticipata in una vividezza che non dà conoscenza, permette di andare incontro al grande shock di un colpo terribile, e di cui forse solo Keynes, a guerra finita, si serve per capire, in ritardo su quel bagliore, quanto esso include della ripetizione: i Trattati di Parigi preparano un'altra spaventosa carneficina. 6

Difficile da cogliere nella sua natura, la chiarezza tende a perseguire, nel ·tempo del trauma, una «zona neutrale» con funzione analoga a quella che Winnicot, con una diversa «teoria del gioco», stabilisce non tra il bambino e il padre, ma tra il bambino e la madre e che permette la manipolazione dei fenomeni esterni al servizio del sogno. La ricerca di essa, che fu al centro della vita intellettuale in Europa, dalla visione delle essenze in Hussèrl, agli interessi del gruppo di Bloomsbury, è invece da ricollegarsi a uno studio sulla stessa qualità e sugli effetti del trauma nello stato di veglia. I «moments of being» di Virginia Woolf, sono altrettanti shock che il soggetto riceve. Gli atomi di senso, luci, colori che si sostituiscono ai ricordi di infanzia per poter descrivere i parenti, nonni, zii, preparano La signora Dalloway (Clarissa di nome), dove il personaggio maschile più importante, Septimus, è appunto un nevrotico di guerra, e l'intero romanzo ne porta lo sguardo, lo stesso attento, senza riposo, che rintracceremo nel nostro «nevrotico di guerra». Sergio Finzi 7

LA PRATICA FREUDIANA Insegnamento di teoria e clinica psicoanalitica Seminario 1987-88 ogni 15 giorni da n'ovembre a maggio, il giovedì alle ore 18 nella sala riunioni della Provincia, Viale Piceno 60, Milano, Sergio Finzi terrà il seminario: UlyssEs (Dal linguaggio dell'inconscio al silenzio dell'Es, dalla direzione dell'inconscio alla forma dell'Es) Apertura: giovedì 26 novembre alle ore 18 Continua il gruppo di studio: Per un ambulatorio psicoanalitico dei bambini -:.': La Pratica Freudiana organizza anche due giornate di studio: 4 marzo, Firenze, Palazzo Strozzi, in collaborazion.e con il gabinetto Vieussèì.ìx, Forme della natura e del soggetto 16 aprile, Mantova, Palazzo Te, in collaborazione con la Provincia di Mantova, Il nuovo Laocoonte: sui limiti · di psicoanalisi e pittura.

La coloritura del disegno e la modifica dell'ipotesi del trauma nell'eziologia delle nevrosi Il passo che nell'inconscio si presenta con i caratteri dell'impossibilità è perché è già avvenuto una volta e questo è l'equivalente, alla fine di un'analisi, della «facilitazione» lasciata dal fatto traumatico. Il sogno che porta un analizzante lungo una strada in salita per ritrovarsi davanti a un muro in una costruzione senza pavimento e senza soffitto (in basso c'è l'erba e nel muro si apre una specie di feritoia munita di sbarre, che però sono di legno: da lì non si potrebbe passare) è per scoprire con sorpresa che accanto c'è un altro locale caratterizzato da un angolo a volta, smussato, come lo spigolo di una mansarda, ma arrotondato (un angolo roton- , do, dunque, illogico come il ferro ligneo delle sbarre di prima), e per scoprire infine che lì c'è anche una porta, bellissima. Ci sono dunque degli ossimori: il «ferro ligneo» delle sbarre, l'angolo ricurvo della liberazione. Ma l'addolcirsi dell'angolo del disegno, l'ammorbidirsi del materiale in cui si è costruita la barriera fobica, indicano quel famoso passaggio da Hans fantasticato non attraverso un cancello aperto. Abbiamo il disegno del Dazio, la mappa del luogo della fobia, ecco delinearsi anche il secondo disegno, il disegno della pulsione, con la sua mèta, il Corso degli Eroi, al quale il sognatore è diretto, e la fonte corrispondente all'intri9

co di vie apparentemente disordinato da cui egli proviene e in cui si inscatolano, ordinatamente, il suo attuale quartiere e quello dove è nato: formato, quest'ultimo, di vie tutte intitolate a dei pittori e disposte in modo da rappresentare il percorso di un circuito che imita l'ogiva del genitale materno. Il passaggio all'oggetto avviene da questo dedalo di vie al ricordo di una villa dove si festeggia un matrimonio: a lato del cancello una grande targa rettangolare reca impresso un cognome, Parrinetti, che chiaramente indica il rivale a correre su quel circuito. È là di fronte che, al momento di annunciarsi attraverso il citofono, non ricorda il nome della ragazza che è venuto a trovare. Esita, infine gli viene in mente e lo dice: Raffaella. Il medesimo di un grande pittore, Raffaello, il cui angelo delle Stanze vaticane, come l'angolo della stanza di prima, si china verso il prigioniero e gli tende una mano per condurlo verso la luce. È come se Raffaello nella liberazione di San Pietro avesse porto la mano lui stesso al posto dell'angelo al sognatore che un angolo rotondo trae dalla prigione nel momento in cui il disegno materno, l'intrico di vie rappresentazione del genitale femminile, oscilla nell'emergere del significante paterno tra la derisione del diminutivo e il tratto tragico del parricidio. Il nero della silhouette si colora di sfumature. I due profili della madre e di un fratello appaiono stagliati e distinti a un altro analizzante che sogna di essere in loro compagnia al ristorante e di osservare la scena. La madre sta parlando in modo molto lusinghiero di lui e lo fa ad alta voce, con la coloritura caratteristica della sua parlata dialettale. Il sogno illustra questa «coloritura», e la sottolinea, mostrando che le parole che escono di bocca alla donna sono maccheroni, maccheroni colorati. Anche qui viene evidenziato un contrasto, un'impossibilità che si manifesta nel confronto tra disegno e pittura: 10

per definizione un nero profilo ritagliato esclude le sfumature. E mentre nel primo sogno è la barriera molle del luogo della fobia ad addolcire un passaggio da disegno a pittura che riguarda la scelta «teorica» tra fissazione incestuosa e matrimonio, qui le sfumature di colore accompagnano le nuances dolorose di un distacco che è già avvenuto. Il marchio del disegno della madre, inciso sul nero delle silhouettes (in cui quella del fratello prende il posto del sognatore nell'assolvere quel progetto), si stempera nelle gradazioni che interessano la vergogna, il compiacimento, la pena per ciò che di maccheronico il disegno tradisce, il dolore infine di una separazione che, benché impossibile, il sogno attua nella ripetizione, in quanto già sostanzialmente accettata. «Théo, che grandi cose sono mai il tono e il colore! E chiunque non impari a sentirli, vive lontano dalla vera vita.» Alle Relazioni tra il naso e gli organi genitali femminili Wilhelm Fliess dedicò l'opera che pubblicò nel 1897 con l'incoraggiamento e per interessamento di Freud. Quest'opera parla del naso, come le altre scritte dal famoso otorinolaringoiatra e biologo di Berlino, ma quello che ci colpisce è il modo in cui, dopo il sommario e prima del primo capitolo, una pagina viene dedicata dall'autore a tratteggiare la collocazione centrale di quest'organo. Il naso ha in queste pagine un ritratto, e l'impronta che lo designa come la firma dell'autore del libro. In mezzo alla faccia, fra gli occhi, la bocca e le formazioni ossee del cervello anteriore e medio, vi è il naso. Collegato allo spazio rino-faringeo, comunica con l'orecchio e la laringe. Ma la sua importanza non è dovuta solo ai suoi rapporti anatomici o alla sua funzione respiratoria e olfattiva. In realtà, un legame importante lo associa 11

all'apparato genitale, col quale intrattiene rapporti stretti e reciproci. Gli sviluppi che seguono dovranno render conto effettivamente di un tale legame, almeno per quanto riguarda il sesso femminile. E l'autore si appoggerà sulle proprie esperienze.1 Scopriamo così che il Naso firma le opere di Fliess e che Fliess è il Naso. La pubblicazione dell'intero epistolario2 di Freud rispetto alle selezioni che se ne conoscevano ci permette di cogliere la vera natura del rapporto, e della rottura, che Freud ha avuto con Fliess. Si è sempre parlato di questo rapporto e di questa rottura in termini che potremmo dire interpersonali quasi a salvaguardare un possibile ritrovamento dell'altra metà del carteggio, quella tuttora mancante e andata perduta di Fliess, e a: rispettare il posto vuoto dell'altro interlocutore. Dagli studiosi, a Fliess era stato riservato il posto dell'analista, ora silenzioso, di una mitica analisi originaria (Mannoni) o, più recentemente, quello del «testimone della mancanza di padre» (C. Traversa)3 • Ma l'impressione che si ricava dalle fitte pagine delle lettere ritrovate di Freud, e dalle sue minute, è che l'«apertura» di Freud verso il suo corrispondente sia stata tale in realtà da escludere quest'ultimo, fino al punto di trasformare, al di là della dimensione trasferenziale, uno scambio tra due soggetti in una dialettica quasi impersonale, in cui non ha nemmeno senso ridare a Fliess, come tende Sulloway, lo spazio decisivo delle sue idee: Fliess, il Naso, ci permette di cogliere i primi tratti che Freud pone alla forma dell'apr,arato psichico. Il nome di Fliess non ha un peso nell'epistolario per quello che la persona di Fliess ha contato in fatto di amicizia, e tantomeno per supposte complicazioni di tendenze omosessuali, durante la vita di Freud. Queste lettere 12

non sono infatti la traccia di un'esperienza trascorsa, ma questa stessa esperienza lavorata, manipolata e già trasformata in esperienza intellettuale ed estetica. In esse non dobbiamo cercare tanto un dramma umano quanto un dialogo platonico. E le tappe di un processo di formazione, di una Bildung. Dialogo, Bildung, ruotano intorno a un'idea della bellezza che sta però, come vedremo, non a presiedere un atto della creazione, ma a modellarne una forma etica. Sul versante di Fliess, il fulcro di quest'idea è in una forma che ha il privilegio di stare al centro del volto umano, che dunque vi fa parte, e che è la forma del naso. Ma se Fliess è il Naso, il naso è il disegno. È il centro infatti di una visione semplice e grandiosa che troverà infine espressione per Fliess nella formula della «costituzione bilateralmente simmetrica», un «disegno» dell'essere umano e del corso della Vita (DerAblaufdes Lebens)4 dal quale principia (lettera 152) il distacco delle idee e delle inclinazioni di Freud. La forma del naso, che è la forma destinata per eccellenza a individuare un profilo, una silhouette, sembra prestarsi in modo del tutto peculiare a definire il rapporto del soggetto con il Disegno.. Si tratta di capire se tutto ciò che fluisce, il tempo come le onde del mare o le onde luminose o il mare, la terra e le forme viventi, se il fluire stesso che in Darwin è il fluire della crosta terrestre e il modificarsi delle specie che la abitano e in Fliess è il fluire del flusso mestruale assunto come modello di tutte le manifestazioni della nascita, della costruzione e della decostruzione e fine del nostro organismo, si tratta di capire se un Disegno, Dio o la Simmetria bilaterale, comanda questo fluire e le anime che ne vengono trasportate con i loro pensieri e desideri, o se invece è dalla perdita di questo Disegno, più ancora dalla perdita della stessa capacità di disegnare (non dal perdersi in un labirinto ma dal perdere il labirinto ordinato del 13

disegno), che sorge una diversa facoltà di formare e di formarsi. Intorno alla questione del disegno, un grande dibattito ebbe luogo ai tempi di Darwin. A molti scienziati sembrava più facile accettare le innovazioni proposte qualora si tenesse fermo che lo Stream of Variation, che il flusso di variazioni, è orientato, è guidato da un disegno superiore. A costoro Darwin rispose chiedendo se ritenevano che la forma del suo naso fosse stata voluta così, fosse stata cioè disegnata da Dio, e se sì se pensavano coerentemente che Dio si prestasse anche a imprimere nelle ossa nasali dei piccioni tutte quelle modificazioni di cui gli allevatori si avvalevano per produrre nuove razze.5 Il «nervosismo moderno» partecipa di questo grande dibattito storico e lo fa schierandosi per il Disegno. Che vi sia un disegno appare infatti al nevrotico, nel corso della sua analisi, come una questione di vita o di morte perché ove venga negato egli è messo di fronte al godimento del padre,6 il quale godimento colpisce, nel dare la vita, con la stessa cecità del fulmine nell'uccidere (ed è singolare che per confutare il disegno Darwin ricorra proprio all'esempio paradossale del fulmine tradizionale strumento della giustizia di Dio di cui è imbarazzante però pensare che scelga le sue vittime). La credenza nel disegno appare come la più valida salvaguardia dalla psicosi. Ogni più piccola incertezza sul fatto che un disegno presieda all'origine del soggetto può essere già sufficiente alla formazione di complicate catene di sintomi: come quella che lega Kiifer, e la paura dei maggiolini, attraverso Marienk!ifer, la coccinella (ma «sua madre si chiamava Marie») a Que faire?, due parole in un'altra lingua che, benché pronunciate prima della nascita e anche del concepimento del soggetto, dalla inadre dubbiosa se sposare quello che poi sarebbe diventato il padre, tolsero al loro disegno d'Amore quell'assolutezza che sola avrebbe potu14

to sollevare il concepito dal regno, ancora seminale, degli insetti. È il fulmineo piccolo caso esposto alla lettera 152 · della raccolta. E si capisce così perché un'ombra di ebraismo ricada sempre sull'analista. Questo lo rende infatti, malgrado il suo essere contro ogni parvenza di elezione, garante e pegno di un certo grado di predilezione e di destino. «Se tutto è designed, nota Darwin in una sua lettera, certamente anche l'uomo ha da esserlo»: lo attesta la sua propria «coscienza interiore», solo che questa coscienza interiore è, Darwin già lo sapeva, una falsa coscienza, «a false guide»7 (C. Darwin ad Asa Gray, Down, Dee. 11, 1861). Clinicamente, il vantaggio cui il nevrotico mira, difendendo così il disegno, e che in qualche modo ottiene è di poter barattare ogni piccola concessione, ogni più piccola rinuncia al disegno appunto che dovrebbe presiedere alla sua vita, con un'equivalente misura di paranoia: se non è predestinato sarà incompreso, se una vocazione non lo chiama la sua grandezza trapelerà nella lieve depressione periodica o in punte di esaltazione. Ogni analisi è dunque una traversata del Disegno. E la guarigione si misura dalla dimissione di quel residuo della primitiva, originaria, abilità di disegnare, provata spesso da un solo disegno, che è la silhouette8 con tutta la straziante carica di nostalgia che si porta dietro per una produzione, per una creazione senza sforzo. D'un sol tratto. A opera degli angeli. Ma «dinanzi alla mèta gli dèi hanno posto il sudore». La questione del disegno riguarda dunque l'origine, nella sua faccia volta verso la psicosi, e la creazione, in relazione alla morte. Come la credenza nella «creazione continua» comporta la micidiale conseguenza di permettere la distruzione non solo di sempre nuove specie viventi ma delle stesse condizioni di continuazione della vita sulla terra, così il 15

riconoscimento che le specie muoiono, cioè che la sopravvivenza non solo degli individui ma delle stesse forme dell'Universale è affidata a una lotta che trae vantaggio da ogni variazione casuale, questo riconoscimento è il presupposto di qualsiasi vera creazione artistica o intellettuale. Solo rompendo col Disegno si diventa responsabili della vita delle Forme. «Una coppia di coniugi, racconta Freud nella lettera 199, che possedevano un gallo e una gallina, decisero di celebrare una festa con un pranzo a base di carne di pollo, ma non riuscivano a decidere quale dei due uccidere, per cui consultarono un rabbino. 'Rabbino, che cosa dobbiamo fare? Abbiamo solo un gallo e una gallina. Se uccideremo il gallo, la gallina soffrirà, se uccideremo la gallina soffrirà il gallo. Comunque sia, vogliamo avere carne di pollo per il pranzo festivo. Rabbino, che dobbiamo fare?' - 'Ebbene, uccidete il gallo', disse il rabbino. - 'Ma allora soffrirà la gallina.' - 'Sì, è vero; beh, allora uccidete la gallina.' - 'Ma rabbino, allora soffrirà il gallo!' - 'Lasciatelo soffrire', replicò il rabbino.» E Freud dal canto suo tira il collo al suo cruccio ossessivo se produrre l'opera «universitaria» sulle nevrosi, che avrebbe potuto assicurargli il pane, o se mandare invece in porto il sogno. Il sogno è «maturo» e Freud lo libera in un certo senso dal labirinto del disegno, quel labirinto che per lui (lettera 209) è «il bosco buio degli autori (che non vedono gli alberi)», una sorta di «sistema naturale» della materia nota, nota ma non conosciuta, con un taglio, una recisione da cui può uscire qualcosa che è ben più di un libro perché ha i caratteri di una nuova specie vivente. Viene in mente, come voleva Fornari in uno dei suoi ultimi lavori,9 l'immagine del parto, ma forse solo per la forma in cui Freud calava il suo pensiero a uso di un interlocutore abituato a privilegiare la sfera della ginecologia e della procreazione. È a Fliess che Freud presenta 16

così la genesi della sua opera, anche come se si trattasse dell'esperienza di un parto. Ma il «modello» sottostante è quello «di una passeggiata immaginaria», di un bosco «dove è facile perdersi» (irrwegreich, pieno di strade sbagliate), ma che rientra in un «tutto congegnato» (lettera 209). Ed è dal mondo vegetale che Freud prende in prestito il «congegno della natura» (le darwiniane contrivances in nature) che colloca l'opera, la genesi dell'opera, non nella linea dell'atto della creazione ma in quella dell'evoluzione naturale. «Nessuno dei miei lavori è stato mio in modo così completo come questo; mio è il letto di concime, mia la talea e una nova species mihi» (lettera 199). Fliess, nel processo della creazione intellettuale, rappresenta dunque presso Freud, l'istanza del disegno. Rispetto a questa istanza Freud, come il Darwin dei Taccuini, si misura, si supera. Fliess incarna la bellezza ordinata: la simmetria e la proporzione di un giardino all'italiana. «I piani simmetrici e le proporzioni numeriche delle relazioni di nascita fanno ovviamente grande impressione» (lettera 156), gli scrive Freud anche se in realtà l'amico non ha mai parlato di «piani simmetrici». E proprio in rapporto all'arte italiana, Freud situa il senso del bello di Fliess. «Questa volta mi auguro di riuscire ad approfondire un pochino di più l'arte italiana. Incomincio a intravedere il tuo punto di vista: tu prendi in considerazione non tanto ciò che ha interesse storico-culturale, quanto piuttosto la bellezza assoluta racchiusa in forme e idee e in sensazioni di spazio e di colore gradevoli a livello elementare» (lettera 137). Dalla parte di Freud il paesaggio è diverso, una grotta e l'ordine è combinatorio: «La mattina andammo nella grotta di Rodolfo, a un quarto d'ora dalla stazione: in essa le stalattiti formano le 17

figure più strane: equiseti giganteschi, torte a piramide, zanne d'elefante sporgevano dal basso, mentre dall'alto pendevano cortine, pannocchie di granoturco, tende dai pesanti drappeggi, prosciutti e volatili» (lettera 164). Mentre si dichiarava privo di qualsiasi senso dello spazio e di qualsiasi disposizione per la geometria, mentre, ancora, rifiuta, col mancinismo, l'idea che un disegno, un «piano simmetrico» presieda a processi strutturali come la rimozione, mentre porta la sua opposizione al disegno fino a confessare di aver semmai sempre avuto «due mani sinistre», nessuna cioè abile a tracciare profili, Freud pone mano a un procedimento diverso. La via per individuarlo è stata tormentosa e ha coinciso, nel tratto della corrispondenza con Fliess, con una sorta di martirio isterico dell'eccitazione sessuale, un calvario che fa pensare alla carriera chirurgica di Marie Bonaparte e del suo organo genitale. Qui l'oggetto è il naso, sottoposto a cauterizzazioni alternate a spennellate di cocaina: quello che egli esperimenta, per questa via rifiessa, è l'inferno (cita due volte Dante, e l'Italia è per lui un «punch al Lete») di tutte le intossicazioni (i sigari, le spennellature al naso di cocaina, il vino che il naso lo arrossa) che hanno il loro «modello» nell'eccitazione sessuale, nell'intossicazione cioè di materie sessuali. Eccitazione onanistica ed eccitazione creativa, vanno dapprima di pari passo, sostenute dalla «etiologia sessuale», dalla tesi cioè che attribuisce l'angoscia nevrotica al coitus interruptus e che suggerisce quindi, se, come a un certo punto Freud, non si intendano avere altri figli, di astenersi tout court da una «vita sessuale». Il passaggio decisivo sarà il seguente, quando Freud si accorge che l'eccitazione sessuale non gli serve più (lettera 144). E a questo punto, dopo aver compiuto con la sua lettera 164 (un vero poemetto) il funerale dell'ebrezza e dell'intossicazione, egli, come via di guarigione, sceglie non tan18

to il sogno quanto il lavoro del sogno (il lavoro del sogno e il suo lavoro sul sogno), cioè di seguire, per il suo pensiero, una via diversa da quella di prima: anziché inspirare il profumo di un disegno, lasciare che questo si dissolva nel semplice desiderio di dormire. Anziché lasciarsi prendere dalla scoperta del contenuto latente, praticare su un'altra scena quella che chiamerei una modulazione coloristica del dolore. Un mio paziente ha portato per molto tempo in analisi il disegno puro dell'eccitazione, attinto dal serbatoio di impressioni ricevute da piccolo nel salone di bellezza condotto dalla madre, ed espresso in innumerevoli silhouettes di figure femminili tracciate per ore dimenticando la fatica e la fame. Un vero «punch al Lete». La cosa andò avanti finché attraverso l'analisi egli non fece una scoperta liberatoria: scoprì cioè di potersi curare del disegno con l'acquerello. L'acquerello conserva alcune delle qualità della silhouette, l'apparente facilità, l'unicità della pennellata che non richiede correzioni, ma senza la precisione dei contorni, quel dominio della linea che imparenta il più semplice dei disegni con la potenza ordinatrice di un dio. La repressione del disegno mediante l'acquerello vale a compensare il fallimento di quella che Hermann ha descritto come la rimozione dell'intelligenza periferica e che per noi consiste nell'oblio, nella perdita della capacità di disegnare. Oblio, perdita di cui rimane traccia, residuo, nella nostra mappa del luogo della fobia e che introduce alla costruzione di un soggetto in sintonia con unpensiero suo. Freud, al termine della sua relazione con Fliess, è incantato dal disseppellimento dei resti del labirinto di Cnosso e passa volentieri il suo tempo libero sulle mappe della città di Roma. Alla«bellezza pura e geometrica» di cui Fliess era stato rappresentante ha imparato, o almeno si esercita, a sosti19

tuire una modulazione analoga a quella dell'acquerello. «Ho imparato che nel campo della sofferenza esiste una sfera di sensibilità così ricca e diversa nei suoi limiti e nelle sue combinazioni com'è quella dei suoni e dei colori, sebbene ci siano poche prospettive di fare un uso analogo di questo materiale di sensazioni; è troppo doloroso» (lettera 182). Potrebbe essere, una modulazione coloristica e musicale del dolore, una nuova definizione del sogno? Lo sarà sempre più man mano che, distanziandosi la fascinazione stregata del disegno, una regolazione fine prende il sopravvento sulle linee decise dell'inte,pretazione e l'enigma si pone di un nucleo di sofferenza irriducibile che viene continuamente ripreso, spezzettato, offerto negli appigli e nei rimaneggiamenti dei resti diurni cui il sogno laboriosamente si dedica, e che fa di ogni sogno un sogno traumatico. Come ebbe a osservare acutamente quel mio analizzante, l'acquerello è un sostituto, o meglio un equivalente dell'angoscia. Ciò gli venne in mente in seguito a un episodio. Una mattina molto presto prima di venire in analisi, mentre si recava alla stazione, vide di colpo un uomo steso a terra per strada («come un ubriaco dei nostri giorni giaceva sul lastricato antico» di «un pezzo di antica strada romana affiorante in un campo», lettera 164) forse ferito, forse morto. Riuscì a far fronte molto bene all'emergenza e si spiegò più tardi quell'insolita capacità di assorbire all'istante l'urto di una sorpresa così violenta con il fatto che la notte precedente si era dedicato lungamente a fare acquerelli. Era come se l'acquerello, pur non potendo essere considerato un farmaco, avesse anticipato l'evento che doveva verificarsi il mattino dopo e ne avesse neutralizzato per tempo gli effetti traumatici. Allo stesso modo l'angoscia prepara a un pericolo impedendo che il non presentarsi tempestivo dello Spavento apra nell'apparato psichico una di quelle falle che solo il lavoro della 20

Ripetizione, reintroducendo la funzione dell'angoscia, sarà poi in grado di riparare. L'angoscia è retroattiva, riporta lo spavento al suo posto e realizza così l'antico sogno dell'umanità di poter intervenire a modificare ciò che è già stato. Vede a rovescio il disastro del treno, così come Darwin svolge a ritroso il film della catastrofe dell'evoluzione, scoprendo in tal modo la vita delle forme. 10 L'acquerello si dimostra una tecnica di prospezione e chiaroveggenza capace in un certo senso di togliere la notizia della propria morte dal giornale del giorno dopo. Di un simile processo troviamo, ne sono convinto, traccia nella lettera 251 scritta alla vigilia di quello che sarà l'ultimo «congresso» di Freud con Fliess, il disastroso incontro dell'estate del 1900 a Achensee che fece esplodere fra i due malumori e dissensi inconciliabili. Il passo sul quale vorrei soffermarmi colpisce per una singolare intensità poetica, la più alta direi di tutte queste pagine, a volte, come nelle brevi storie di casi, così felicemente narrative: «I grandi problemi non sono ancora risolti. Tutto ondeggia e albeggia, un inferno intellequale, una cosa sopra l'altra, dall'abisso più profondo si profilano alla vista i tratti di Lucifero-Amore» (lettera 251). Il brano è molto suggestivo ma per capirne tutta l'importanza dobbiamo smontarlo pezzo per pezzo rifacendoci per di più all'originale che la traduzione stiracchia qua e là un po' troppo. I grandi problemi non sono ancora risolti. Van den grossen Problemen ist noch nichts entschieden. Non i grandi Problemi, ma su, intorno ad essi, il pennello incomincia a effettuare quei movimenti di nutazione che Darwin scoprì nelle piante rampicanti: dondolii, ondeggiamenti ma non dispersivi, capaci anzi di avanzare intelligentemente nel vuoto, di ancorarsi potremmo dire allo spazio puro, come la cupola del Brunelleschi. 21

Sui grandi problemi niente è ancora deciso. Entscheiden evoca una sentenza, un verdetto, qualcosa di assolutamente tranciante, di fermo, risolutivo: in sospeso ma già alle soglie. Tutto ondeggia e albeggia. Alles wogt und diimmert. Il verbo diimmern riguarda sia l'alba che il crepuscolo, sia il farsi chiaro che il farsi scuro. Esso pone fine comunque a quella netta separazione dei campi della luce e dell'ombra che si mantiene in tutto l'epistolario. Fliess è il Sole, è nella luce anche quando avanza dall'altro lato della galleria scavata da Freud (lettera 153; ma anche 212: «hai a che fare con la luce non con l'oscurità, con il sole, non con l'inconscio») e porta la luce, ma questo lo predispone, mentre la sua meteora tinge ancora di sé la volta del cielo, a prendere il posto di Lucifero. Tutto ondeggia dunque ma l'alba si confonde, o si scambia, con il crepuscolo, proprio come· pare a Dante che nell'ultimo canto dell'Inferno domanda a Virgilio «come, in sì poc'ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Nasce, dal tramonto della silhouette, un giorno nuo- . vo, una luce differente, esprimibile in «mescolanze» e «combinazioni»11 • Il riferimento a Dante è tutt'altro che casuale, è indispensabile anzi e ci illumina su che cosa significhino le parole che vengono dopo: Un inferno intellettuale. Queste parole non vanno prese infatti nel senso banale, emotivo, descrittivo di uno stato d'animo, che dapprima sembra imporsi. Un inferno intellettuale non significa altro che questo: la forma, la necessità, la legge dell'inferno dantesco come funzione della mente. L'Inferno come metodo (con la maiuscola perché si intende riferito all'Inferno di Dante). Questa legge ha un nome, la legge del contrappasso, Freud la evoca nella lettera 171 («Si vede l'immagine riflessa del presente in un passato di fantasia che diventa poi profetico per il presente. Il tema segreto è quello della vendetta insoddisfatta, che Dante presenta perpetuata nell'eternità, e dell'inevitabile castigo») e ne dà qui im22

mediata illustrazione con le stesure che fa di colore in vista dell'incontro imminente. Dico stesure di colore perché la traduzione di eine Schicht hinter der anderen con «una cosa sopra l'altra» è sbagliata. Uno strato dietro l'altro, uno strato dopo l'altro, come si danno mani di colore, è dunque la nostra versione che varia anche in quel che segue: im dunkelsten Kern die Umrisse von LuciferAmor sichtbar. In modo che il testo «restaurato» suonerebbe così: Circa i grandi problemi niente è ancora deciso. Tutto ondeggia e albeggia, un Inferno intellettuale, uno strato dopo l'altro, nel centro più oscuro il profilo di Lucifero-Amore visibile. Il disegno, rimosso, è stato così disseppellito. Avviene, lungo il corpo villoso di Lucifero il capovolgimento che lascia sbalordito Dante al trovarsi, senza saper come, dall'altra parte. È il percorso, per la «natural burella», di un'analisi compiuta. Un passo che è un contrappasso. Gli stessi strati che compongono la struttura precipitosa dell'inferno ne mostrano ormai la scala rovesciata: al centro, quel centro solare, che era stato emblematizzato dal naso dell'amico («in mezzo alla faccia...»), risponde ora un altro centro, il Kern, il nucleo scurissimo in cui appaiono i contorni (Umrisse) del suo ritratto. L'Inferno intellettuale, l'inferno in forma di intelletto è ciò che permette ormai a Freud di gettare nel vuoto la cupola della sua creazione senza i supporti tossici delle nevrosi attuali. Il vuoto di senso lasciato dal tramonto del Disegno si esprime nell'adozione del «pappagallo di Humboldt» come simbolo. «Mi sono rassegnato a vivere come una persona che parla una lingua straniera o come il pappagallo di Humboldt!» (lettera 258). Da questo autore che tanto piaceva a Darwin Freud ri23

prende il racconto degli indiani Guarico sulla tribù degli Atura che sospinti dai nemici sull'orlo di una rupe perirono tutti. E tuttavia esisteva ancora un vecchio pappagallo di cui gli indigeni non comprendevano il linguaggio perché parlava la lingua di quella tribù estinta. Il commento finale di Freud: «Essere l'ultimo della propria stirpe o il primo e forse l'unico, sono situazioni che si rassomigliano molto» indica una collocazione sulla punta del cuneo dell'evoluzione che vede coincidere il lavoro silenzioso e inavvertito della Selezione Naturale con quello dell'Istinto di morte. E si definiscono così anche due posizioni intellettuali. Quella di Fliess che in un certo senso ignora la morte. Egli si accompagna al flusso del plasma immortale. I suoi "periodi" si trasmettono dalla madre ai figli senza soluzioni di continuità. E quella di Freud la cui vittoria sulla morte avviene in nome dell'archeologia, l'eredità contro l'ereditarietà, che segue Darwin al di là di ogni filosofia della Natura. Lo segue nella mirabile capacità dialettica di rappresentarsi in .uno la Superficie e la Grotta, i flussi carezzevoli delle maree e le immense stragi malthusiane. La superficie, come la mappa in cui viene a incidersi la forma dell'apparato psichico con le sue barriere e separazioni; la grotta come l' "oscura fossa" dove Freud lavora alla Traumdeutung e che riguarda quell'importanza del fattore quantitativo da cui Freud sarà condotto, anni dopo da questi di cui parliamo, e ancora dietro la spinta di immense stragi, di guerra queste, a rimodellare l'apparato psichico precisamente in conformità al volto di LuciferoAmore, con l'introduzione della figura dell'Es di cui dirò un'altra volta che cosa è e incarna. Ma vorrei riprendere dal prologo l'arco di questo tracciato, sottesa, dal disegno al colore, un'altra scoperta trova la sua collocazione. 24

Nel 1895, Freud ha individuato all'origine della nevrosi un trauma. «Ti ho già rivelato, a voce o per lettera, il grande segreto clinico? L'isteria è la conseguenza di uno spavento sessuale subìto nel periodo presessuale. La nevrosi ossessiva è la conseguenza di un piacere sessuale provato nel periodo presessuale che più tardi si tramuta in autorimprovero» (lettera 76, 15 ottobre). A questo annuncio farà seguito due anni dopo quella che è sembrata a Masson una ritrattazione: «Non credo più ai miei neurotica» (lettera 139, 21 settembre 1897). Ma non si tratta di un ripudio per viltà, e nemmeno d'altro canto del gesto con cui Freud volgerebbe le spalle all'ottuso «verismo» ottocentesco scoprendo la parte del soggetto al_l'origine delle proprie nevrosi e, con questo, l'inconscio. Si tratta di un punto di vista e della sua correzione, del suo aggiustamento così come si aggiustano le lenti di un cannocchiale o il fuoco di un apparecchio fotografico, ma in cui annebbiamento e bagliore si scambiano di posto con il precisarsi di una funzionalità. Il «punto di vista» netto, senz'ombre, senza pentimenti, è fissato sulla scena classica di ogni rivoluzione del pensiero, la scena di una notte, sotto la tenda, in cui tutti i veli cadono, e Cartesio, Spinoza, Giacobbe salgono la scala di un sapere assoluto. A fare la sua apparizione, in quella particolare atmosfera, è il progetto di una legislazione universale, la forma in generale di una legge, più che il contenuto di una «legge generale» come quella che il 15 ottobre 1895 Freud pensa di aver colto per la nevrosi e che pochi giorni dopo, il 20 ottobre, gli fa scrivere a Fliess: «Adesso ascolta ancora questo. In una laboriosa notte della scorsa settimana, mentre ero oppresso da quel grado di sofferenza che costituisce l'optimum per la mia attività cerebrale, tutto a un tratto le barriere sono crollate, i veli si sono sollevati e io sono riuscito a penetrare con lo sguardo dal più piccolo particolare delle nevrosi sino alle condizioni della coscienza» (lettera 78). 25

L'ipotesi del trauma come legge generale delle nevrosi . coincide dunque con lo spalancarsi della prospettiva di Laplace che abbraccia il concatenarsi delle cause come lo vedrebbe, dall'alto, un Dio. È una sorta di «estasi neurologica», (l'optimum per la mia attività cerebrale), qualcosa che riguarda lo svelarsi della natura a se stessa. Il secondo tempo, nel quale alla lucidità sembra succedere un annebbiamento («Non comprendo più lo stato mentale in cui ho concepito la psicologia; non riesco davvero a capire come abbia potuto infliggertela. Penso che tu sia sempre troppo cortese; mi sembra che si sia trattato di una specie di vaneggiamento»), è quello non della ritrattazione ma di una particolare «modifica»: «La spiegazione clinica delle due nevrosi, tuttavia, probabilmente si conserverà, sia pure con qualche modifica» (lettera 82). Alla violenza del disegno, alla fulmineità del piano capace come Laplace di conquistare Napoleone, ciò che si oppone in seconda battuta è lo sfumato, è la coloritura. Come Van Gogh poneva mano ai suoi disegni per cancellarne il tratto duro ammorbidendoli con acqua, spesso disegnando addirittura sotto la pioggia, Freud «annacqua» sì la teoria del trauma, ma in questa diluizione è la precisazione della sua natura. Rispetto al disegno e alla nitidezza del bianco e nero la sfumatura è anche la de-gradazione della lucidità, di quella luce intensa che è la stessa che, a rovescio, segna nei sogni con l'intensificarvisi, il riapprossimarsi del cespuglio ardente del godimento paterno e che corrisponde, nella latenza, con il riaffacciarsi della silhouette, nero su bianco, al vacillamento della nevrosi e a una possibile apparizione della schizofrenia. Il 27 aprile 1898 i contorni vengono così sfumati: «Quanto all'isteria ho qualcosa da comuniéarti a chiarimento e conferma della mia supposizione di aver preso inizialmente troppo sul serio l'etiologia; l'intervento della fantasia è più sostanzioso di quanto non avrei pensato 26

al principio» (lettera 165). Si noti che questa formulazione cancella solo la prima parte della proposizione della lettera 76, scompare la parte che si riferisce alle conseguenze, l'isteria, di uno spavento sessuale, ma rimane quella che concerne la nevrosi ossessiva in quanto «conseguenza di un piacere sessuale». Questa seconda è infatti ciò che nella spiegazione clinica delle due nevrosi (lettera 82) «probabilmente si conserverà, sia pure con qualche modifica». Prima della modifica, il soggetto è ancora nella sua preistoria, segnata dal fondamento psicotico che si avvia o meno a divenire supporto della nevrosi. Nel rapporto al godimento che caratterizza tale fase, un godimento attivo nel quale non si è ancora determinata la divisione con cui il soggetto assume la propria metà rispetto al nome, e al godimento, del padre, si introduce ora la prima possibilità di una finzione con la quale viene catturato, e poi lavorato, il «tema dei genitori»: a «non credo più ai miei neurotica» si aggiunge: «la netta convinzione che non esista un "dato di realtà" nell'inconscio, dimodoché è impossibile distinguere tra verità e finzione investita di affetti. (Di conseguenza, rimane la spiegazione che la fantasia sessuale si impossessi regolarmente del tema dei genitori)» (lettera 139, 21 settembre 1897). È l'introduzione del «tema dei genitori» a risolvere la questione della scelta tra etiologia traumatica e riconoscimento del ruolo giocato dalle fantasie. Freud non si smentisce: le modifiche successive, della teoria delle pulsioni per esempio o della struttura dell'apparato psichico, da un lato correggono le ipotesi precedenti ma da un altro vi si intersecano lasciandole immutate. Pensiamo a come persino uno scritto «critico», come Al di là del principio di piacere, si traduca in fondo in un'ampia re-visione della teoria del sogno. Dopo il ripensamento del 1897 numerosi sono i casi di violenze sessuali sui bambini che Freud presenta a Fliess. 27

La realtà è immutata, ma solo ora, dopo la sua apparente cancellazione, che è invece cancellazione dello spavento, ne è diventato possibile l'approccio. È lo spavento ad essere cancellato dall'ipotesi d'origine del trauma, sicché questo può finalmente giungere «inavvertito», quando ancora mancano le costruzioni di difesa a segnalarne l'urto. Lo spavento su cui sembra innervarsi l'isteria viene così spostato in un tempo già posteriore alla «preistoria» del soggetto, ed entra a far parte della storia delle sue costruzioni di difesa, quando l'insostenibilità di un'identificazione al godimento paterno, e alla materia sessuale, la materia di questo godimento, tale insostenibilità è diventata per il bambino angoscia: la stessa angoscia che già lo affaccia sul luogo della fobia. Ora il bambino è in grado di spaventarsi, ma lo spavento si è trasferito sul rumore prodotto dagli zoccoli di un cavallo. Qui comincia a farsi visibile l'azione prodotta dalla «cattura» del tema dei genitori. È su questo filo infatti che la ripetizione incomincia a esercitarsi, per essere in grado di riproporre lo spavento mancato. Ciò che manca è la giunzione dell'affetto all'evento passato reale, ma tale giunzione, che diventa perciò la non contraddizione tra etiologia sessuale del trauma e ruolo deUa fantasia, si ripropone continuamente ripresentando sotto varie specie (ne abbiamo individuato una nella lavorazione del nome del padre) il tema catturato. Nella notte seguente a un violento colpo alla fronte, un'analizzante sogna, e si stupisce poi dell'affiorare di un episodio ormai dimenticato, una piccola amica d'infanzia mai più rivista in seguito. Accanto alla piccola amica, smisuratamente più grossa, la madre dell'analizzante. L'analizzante mi segnalerà in seguito, in occasione di altri traumi sopraggiunti, l'apparire nel sogno della stessa amica e dei genitori. Ma a quello "smisuratamente più grossa" si lega ora il ricordo molto antico (l'analizzante aveva all'incirca un anno e mezzo) di sé bambina, accoc28

colata per terra e davanti, enorme, seduta su un'enorme poltrona, davanti a una parete divisoria a vetri, in quel momento aperta, minacciosa, la madre. Il ricordo ha aggiunto nella minaccia dell'enorme corpo materno, lo spavento che la vetrata aperta lascia intuire riferentesi a un altro luogo, dove l'analizzante dormiva, diviso, o unito anch'esso da una vetrata, opaca, alla stanza dei genitori. Lo stesso utilizzo del tema, avviene nel caso dell'analizzante di Virginia Finzi Ghisi12 , una nevrosi traumatica e l'uomo che appare nei sogni con la giacca a quadri («sono io o è lui a fare scoppiare la bomba?»), dove i quadri della giacca del padre servono a ricomporre il reticolato dei fili elettrici spezzati che caddero a terra durante il bombardamento reale di cui è rimasta nella memoria la scena silenziosa dell'attraversamento della strada deserta, ed è questa saldatura, che riguarda anche il collegamento con il padre collezionista di quadri, di dipinti a olio e acquerello, a creare ora il «contatto» necessario allo scoppio fragoroso della bomba. E si crea un doppio versante. Nel momento in cui Van Gogh pone mano al suo primo dipinto a olio scrive al fratello raccontandogli di come avesse curato due anni prima un ustionato da uno scoppio di grisù nella miniera spalmandogli la pelle con olio e avvolgendolo con teli. Il trauma ha trovato la sua cura nel lenimento, il colore si ingrassa e si sparge, ed è ora che si può parlare dell'evento che l'ha provocato. Il colpo alla fronte, il sogno dei quadri, rievoca in.età matura il luogo della fobia, come quello a partire dal quale si può parlare di trauma. La ripetizione copre e scopre. Se dunque il delirio, formazione di difesa, haper oggetto, lo vedemmo, qualcosa che è vero anche se non è reale, al contrario, al momento del suo accadere, il trauma è reale ma non è vero. Vero lo diventerà quando di fronte al 29

suo emergere dall'inconscio, avrà, di questo, il carattere di ciò che è «impossibile distinguere tra verità e finzione investita di affetto» (lettera 139). Il trauma diventa vero quando qualcosa dell'inconscio si palesa a partire da dove una sorta di accumulazione originaria, la rimozione originaria, rende possibile che la rimozione prenda ad esistere. Così, nella minuta L che si accompagna alla lettera 126 del 2 maggio 1897 Freud presenta, proprio come nella marxiana accumulazione primitiva, il ruolo delle persone di servizio. Curiosamente, proprio come Masson accusa Freud di annacquare l'entità del trauma quando è appunto la diluizione a darne le caratteristiche, così Kris carica di realismo sociale l'osservazione di Freud sulle «ragazze di servizio» che ha invece proprio il compito di aprire al significato della finzione nella istituzione dei meccanismi di difesa. Questo ruolo è di preparazione alla messa in scena del luogo della fobia, che è la prima, esterna, rappresentazione dell'apparato psichico. L'ha preparata de-gradando i toni alti del godimento paterno, avviando la possibilità della sostituzione, dell'interscambiabilità, le persone di servizio si sostituiscono, la duplicazione delle figure dei genitori e il romanzo familiare che è alla base della possibilità di una nevrosi. Silhouettes ancora appartenenti al disegno, si sono affacciate accanto al Progetto di una nuova psicologia per riapparire per noi al momento della strutturazione del soggetto, nel luogo della fobia a rappresentare il tracciato, accanto a quello della pianta del Dazio, prima articolazione difensiva, della pulsione. Da qui, la teoria del trauma si fa comprensibile, nella divaricazione tra nevrosi e psicosi, all'incipit delle costruzioni di difesa. L'ipotesi del trauma si interiorizza, a sua volta catturato dal tema dei genitori, per entrare a far parte della designazione del soggetto scambiandosi con un interno che trova al contrario nel mondo della natura le sue leggi e i suoi tracciati. 30

Inizia, nel luogo della fobia, quel processo di canalizzazione, far canali, che riaffiorerà dalla latenza presentandosi con la forma del tubo, la forma primaria con cui un foglio di carta è divenuto un solido, la superficie ripiegandosi all'interno dei suoi lembi riuniti. Ora (si pensi allo stagnaio per Hans di Freud, la cui analisi parte da una giraffa-foglio spiegazzato, o al fabbro per Eric di Melanie Klein, ma anche Van Gogh negli anni del suo apprendimento del disegno paragona il pittore a un medico o al fabbro), gli artigiani prendono il posto delle persone di servizio, svolgendo la stessa funzione di sostituzione, non più però di sostituzione di persone, ma di sostituzione di parti, con il costituirsi della funzione strutturante che Freud dà, con la nozione di protesi, allo stesso apparato psichico. L'apparato psichico si è rovesciato, la stessa inversione tra lucidità e annebbiamento, e la sua impalcatura è divenuta esterna e riguarda un funzionamento. La mappa del luogo della fobia e le costruzioni di difesa ne sono il progetto e la realizzazione. Come Napoleone all'Elba, il passo del prigioniero marca i tracciati degli acquedotti e delle vigne, come fondamento per la ricostruzione dell'impero. È ancora zio Tobia, apparso con Sterne lungo tutta una serie di editoriali del «Piccolo Hans», che, ferito in battaglia, passa la vita a rappresentare «dove è stato ferito», ergendo in fondo all'orto difese e trincee per impedire che accada ciò che avvenne. Nella doppia funzione del «dove» («Le mostrerò dove sono stato ferito») viene ugualmente indicato il genitale e la mappa del luogo, il -trauma e la sua rappresentazione. La teoria del trauma è il mantenimento di questa duplicità. Così il trauma si presenta come la «favola di Natale» che il primo gennaio 1896 Freud inviò a Fliess. È la storia atroce, reale, di una violenza perpetrata su un bambino, che deve passare per la figuretta goethiana di Mignon: 31

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