Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

5. La creatività sterile Barriera molle di cui il perverso saggia incessantemente la consistenza materiale18 in quanto la qualità «molle» gli permette un passaggio in a da cui è tentato di riportare ogni volta qualcosa che però egli deve necessariamente perdere, ritornando non tanto a mani vuote, quanto con un oggetto inanimato. Il plasmare che dà rilievo a qualcosa dal luogo dell'Altro non può quindi risolversi che in un aborto, un abbozzo, uno «schizzo», in qualcosa che a ogni passaggio muore, si estingue, per poi essere interminabilmente ripreso, ricominciato. Condizione di questa attività febbrile è che la Natura non produca niente, rimanga sterile, infeconda,19 per cui l'esistenza simbolica del soggetto si risolve in un «niente di fatto», secondo la dichiarazione del padre di Degas che tracciava il bilancio del figlio ormai trentenne.20 Perché è proprio questo «rien» che, come abbiamo visto, proprio trentanni dopo Degas continuerà a mostrare compiaciuto a Vollard, il mercante, e che era già clamorosamente apparso almeno dieci anni prima quando il « grand buste avec bras» di Hortense, figlia del pittore Paul Valpinçon, si era sbriciolato completamente per «imperizia tecnica» dopo almeno ventanni di accanita scultura! Questo almeno fin quando il crollo si limita alla statua, cosa che la barriera molle ha la funzione di assicurare. Che essa resti molle, che mantenga la consistenza della cera, che non si irrigidisca in un muro invalicabile deve soddisfare una duplice condizione: al di qua della barriere, nella cera che diventa bronzo, si configura la nevrosi dove l'accesso, il passaggio in a è precluso; al di là della barriera troviamo invece la preclusione di ogni possibile ritorno del soggetto, schiacciato su a senza potersene più separare, ovvero la psicosi dove l'indurimento della barriera coincide col suo farsi completamente molle, come 194

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