Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

que il gusto più traumatico, l'insipido, gusto neoclassico, servito nientemeno che dalla danzatrice assoluta, «colei che risplende nel camminare» assunta a servizio da Degas con l'aiuto di «una ragazza di nome Argentina», nome evocante quel timbro acustico che fa da perfetto contraltare all'insipidezza. «Quanto alla camera di Degas vi regnava la stessa incuria» - ancora un sintomo dell'açedia - di tutta la dimora; tutto là dentro riportava infatti all'idea di un uomo che non tiene più a nulla se non alla vita stessa, a cui si tiene malgrado tutto e a proprio malgrado. C'erano alcuni mobili Impero o Luigi Filippo. Uno spazzolino da denti, secco in un bicchiere, con le setole d'un rosa morto sbiadito, mi ricordava quello che si vede nell'astuccio da viaggio di Napoleone, a Carnevalet o altrove. Una sera che doveva cambiarsi di camicia per andare fuori a cena, Degas mi fece entrare con lui in quella camera: si spogliò nudo davanti a me, rivestendosi poi senza il minimo imbarazzo. Il terzo piano, adibito a studio, si presenta come il luogo del vizio e dell'abbruttimento: entro nello studio. Qui, vestito come un povero, in ciabatte, coi calzoni allentati e mai chiusi, Degas s'aggira. Una porta spalancata lascia vedere sino in fondo i luoghi più segreti. Penso che quest'uomo fu elegante... Anche 190 Michel e Lafond lasciano colorite descrizioni di quello che per oltre venticinque anni fu il suo spazioso laboratorio, con cavalletti da pittore e trespoli da scultore, pietre litografiche e lastre per l'incisione, contrabbassi, violini, bagnarole, ti-

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