Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

due istanze della ricezione del motto di spirito, ma nel terzo momento, quello dell'illuminazione, se ne distacca, perché dà le coordinate per avere l'impressione di capire, ma poi non concretizza questa impressione sopra un contenuto specifico. Non contiene mai un evento che sia sufficientemente circostanziato da poterne redigere un racconto con parole diverse. Se pensiamo ai nonsense non riusciti, per esempio, si ha un effetto di sgradevolezza quando lasciano trasparire troppo chiaramente l'intenzione motivante. Oppure un'impressione di vacuità, quando l'associazione è sì bizzarra e incongrua, ma non innesca la scintilla dell'illuminazione, non produce l'impressione di capire qualcosa e di essere soddisfatti con quel qualcosa. L'avvio del procedimento semantico è indispensabile al nonsense, esattamente come a qualsiasi altra forma di comunicazione. Un'altra caratteristica che il nonsense ha in comune col motto di spirito è l'impossibilità di essere detto in altro modo o con altre parole, pena l'immediato crollo dell'effetto di meraviglia e di illuminazione. Il rigore e la precisione richiesta nel lavoro arguto è uguale a quella richiesta nel nonsense. Come nella poesia, la parola è insostituibile e unica, ma mentre là sono i legami istituiti nel contesto che definiscono un rigore, qua sono i non-legami, le non-associazioni con il contesto a predominare, e in ciò emerge il carattere di separatezza enunciato dalla Sewell. Dentro al nonsense, dunque, agisce buona parte del lavoro arguto, perché avviene un'associazione imprevedibile e improbabile ed essa viene espressa con un'unica formula insostituibile, ma tutto questo lavoro non è posto al servizio della funzione liberatoria. L'interrogativo che sorgeva dall'incompatibilità delle associazioni viene così a spostarsi sul problema della loro funzione. È il problema che sta alla base del collegamento che viene sempre più frequentemente tracciato tra Lewis Carroll e le avan173

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