Per legato del padre morto, sulla scorta di un coccio e di antichissimi documenti - incipit quanto mai romanzesco-, al compimento del venticinquesimo anno Leo Vincey e il suo tutore Horace Holly s'imbarcano per l'Africa, alla ricerca di un luogo «dove le forze vitali del pianeta sono visibili» e della mitica Ayesha sopravvissuta a oltre duemila anni di storia. Dopo peripezie, luogo e donna vengono trovati. Ayesha crede di riconoscere in Leo l'incarnazione del sacerdote Callicrate, da lei amato in passato, ucciso in un impeto di gelosia e atteso per secoli. Con l'intento di fare ottenere anche a Leo il dono dell'immortalità, Ayesha entra nella colonna di fuoco ruotante che compare a tratti di là da un abisso: ma anziché uscirne più bella, giovane e intatta, si raggrinza come una scimmia, diventa un'orrenda mummia millenaria e muore. Anche questa brutale epitome del romanzo di Rider Haggard permette di cogliere i temi portanti: la sopravvivenza nel tempo, la permanenza delle spinte primordiali di amore e di odio (le pulsioni, sappiamo, sono indistruttibili), l'eredità genetica e insieme il mutamento. «Per me il racconto sembra portare visibilmente il segno della verità» chiosa il supposto curatore del libro- che non sarebbe che una variante del «manoscritto in una bottiglia»: relazione dell'avventura stesa da Holly e fatta avere appunto al curatore. Ma, secondo proclama la stessa Ayesha verso la fine, «la Verità era la dea degli abitanti dell'antica Kòr... e lei era l'oggetto del loro desiderio». Ho già detto che il sogno ha dedotto visibilmente dal romanzo i segni più accessibili e riconoscibili: i territori paludosi e malarici che Holly e Leo, morente attraversano stesi su rudimentali lettighe (anche nel sogno il sognatore è trasportato «a causa delle sue gambe stanche»); l'abisso da superare; i due uomini adulti stesi su panche di legno e i due bambini che dormono, interpretati da Freud come simboli funerari e connessi con il ricordo di una tomba 160
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