Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

Purtroppo manchiamo di un'elaborazione diretta da parte di Freud, di questa «nuova soluzione». Jones, cui questa affermazione di Freud non sfuggì, ne tenne certo conto nel passo che abbiamo già citato («la paura di perderre la casa, (in ultima analisi il seno materno), un panico di privazione, che doveva essere a sua volta una reazione a una certa avidità infantile»);37 ma espresse i suoi dubbi che si potesse davvero parlare di fobia. Non solo adopera, a tale proposito, questo termine tra virgolette, preferendogli quello di Reisefieber, ma sottolinea esplicitamente: Per gran parte della sua vita Freud soffrì più o meno gravemente di Reisefieber (l'ansia al momento della partenza per un viaggio) che raggiunse l'acme intorno al 1890. A quel punto la chiamava una fobia, ma certamente non lo era, in quanto non lo atterrì mai neppure per un istante.38 E, altrove, commentando la lettera a Fliess del 21 dicembre, aggiunge in nota: La condizione non poteva essere definita una fobia in senso stretto perché l'ansia era sopportabile e non vi era il bisogno di misure di protezione secondarie, come per esempio quella di evitare di viaggiare.39 Una qualche possibile indicazione ci viene invece da Marianne Kriill. Anche questa attenta studiosa della infanzia di Freud e dei suoi rapporti familiari, soprattutto nei confronti del padre, riporta un ampio brano della lettera del 21 dicembre 1899, e, di fatto, se ne avvale per porsi un interrogativo sulla propria ipotesi della eccitazione sessuale e della paura della castrazione come si è già visto.40 Ella ci offre così un'interessante apertura, chiedendosi se dietro la «paura» del piccolo Freud alla partenza da 142

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