Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

le. E tornerà ancora nella Interpretazione dei sogni, a proposito della «deformazione nel sogno»5 e delle «prestazioni intellettuali nel lavoro onirico» e di nuovo a conclusione dello scritto di ringraziamento per il conferimento del premio Goethe,6 in riferimento al fatto che Goethe «pur avendoci fornito in abbondanza ragguagli autobiografici, fu un uomo che si celò con cura».7 Ma, nel caso della lettera del 3 dicembre 1987 che stiamo esaminando, la citazione appare quasi come una formula scaramantica. L'allusione ad Annibale e al carattere «nevrotico» del «desiderio di andare a Roma» fa pensare che, nello scriverlo, Freud possa aver rievocato, pur tacendone, l'episodio del padre ebreo e del suo cappello; e quindi quella stessa Freiberg dalla quale il viaggio verso Lipsia l'avrebbe separato. Sia consentito osservare, a questo punto, che potrebbe avere una certa legittimità metodologica, nell'esame di un testo (nel nostro caso questa lettera) tener presente - in analogia con l'interpretazione dei sogni -le associazioni che esso contiene nelle sue sequenze; e tanto più, forse, quando, come qui, nel testo stesso, sembra verificarsi un brusco passaggio. La sequenza: incontro con Fliess - Breslavia -Praga - Roma - Annibale -padre -Freiberg appare significativa a tale proposito; e induce a sottolineare quanto altri ha già osservato analiticamente sulla ulteriore associazione «luci a gas -anime che bruciano all'inferno».8 «Conosco qualcosa di tale argomento», nota Freud. È un inciso che può apparire singolare in un uomo di quarantanni, vissuto in un Paese cattolicisssimo, l'Austria. Sembra ovvio che il rimando è al passato, quando egli era un bambino di tre anni, di famiglia ebraica: di una cultura, cioè, che all'Inferno non dà un rilievo particolare. Da piccolo, Freud, ebbe accanto a sé, nei primissimi anni di vita, a Freiberg, una bambinaia cattolica, «una donna brutta e vecchia ma astuta, la quale mi parlò molto di 133

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