Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

concettuale freudiano, sono «provvisori» e corrispondono ai bisogni del momento freudiano. Un poco come le pietre che servivano a costruire le cattedrali e che talvolta recano traccia visibile dell'uso precedente, ad esempio nel tempio romano, distrutto per il nuovo edificio. Talvolta figura, può figurare, anche un disegno, un pezzo di mosaico: non ha alcuna importanza. E attenti a non scambiarlo per una «citazione». Per questo, i diversi «vocabolari» della psicoanalisi possono rilevare solo la incongruenza, non molto di più, nell'uso del termine, non hanno, in ogni caso, alcun merito conoscitivo. Per questo, del resto, Freud stesso ha applaudito «solo» con ironia al grande progetto di costruire un vocabolario della psicoanalisi da parte di Richard Sterba. Ne rimangono alcune voci, il resto è stato distrutto dall'emigrazione, nè Sterba ancora vivo ha più rivendicato la propria primogenitura, ne accenna solo in un libretto di memorie. La terza osservazione. Anche per «gli affetti» in Freud, bisogna liberarsi, mi pare, - e per gli Affetti questo vale in modo particolare - dalla ipotesi di un «primo Freud» e di un «secondo Freud»: il primo, «scienziato», neurologo, il secondo, psicologo, (e a questo secondo va attribuita la invenzione della psicoanalisi). È da questa «distinzione» che, mi pare, derivano molte ricerche che, infine, dicono solo questo: che nel «secondo Freud» ci sono tracce del primo o, in forma di giudizio di valore, che Freud non si è mai liberato (per fortuna o purtroppo) delle sue origini, oppure anche che Freud non è riuscito a «far passare» in psicologia tutto ciò che già figurava in neurologia etc., fino a sostenere che alla fine Freud è diventato un testimone intelligente della fine della civiltà, o qualcosa del genere. Una prospettiva del genere, ormai quasi inconsapevole, ha un'origine precisa in Freud stesso che pubblica le proprie opere, in ordine cronologico, solo a partire da una 118

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