Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

Freud: affetti I Alcune osservazioni preliminari. La prima osservazione, che è resa tanto più necessaria perché precede qualsiasi altra - e qualsiasi ricerca in merito agli «affetti» in Freud -è di carattere linguistico: il termine «affetti» italiano ha ben poco a che fare con il termine affekte tedesco. Non saprei trovare alcun corrispondente italiano al termine tedesco. Si può forse cercarlo o inventarlo, ma senza ricorrere al greco originario o immaginario, come ha fatto Strachey per la «kathexis» (per Besetzung), e solo ora è iniziata la rivolta inglese contro il suo Freud - una rivolta se non insensata certo troppo ingenerosa e del tutto «a-storica», come se si desse una e una sola traduzione, un solo vocabolario, una sola corrispondenza possibilmente biunivoca. Ma occorreva almeno mettere in guardia il lettore del Freud italiano del rischio del termine apparentemente simile. Avvertirlo, ad esempio, - e sarebbe forse bastato, che gli «Affetti» freudiani non hanno nulla che fare con i sentimenti, le emozioni, e tanto meno con i vizi e le virtù. (Come vedremo). La seconda osservazione. Per ricercare «gli affetti» in Freud (e, eventualmente, per trovarli), occorre avere ben presente che in Freud non vi è alcun rigore concettuale, e, di conseguenza, non vi è alcun rigore - e alcuna costante - nella sua terminologia. Pertanto, gli affetti, ma anche le pulsioni, e tutti o quasi i concetti «portanti» dell'edificio 117

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