Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

Schule nè delle brillanti intuizioni fenomenologiche. E naturalmente non risponde ai quesiti che vengono dalla ricerca di Freud. Il motivo di questo sostanziale isolamento di pensiero, singolare nel momento di un'estesa e internazionale fortuna, va ricercato non tanto nell'assillo della scientificità dimostrabile (assillo presente anche nella fenomenologia e nella psicoanalisi) quanto in una visione razionale del mondo psichico in anni in cui se ne accertava la complessità inconscia. Delineata la situazione storica di Kraepelin, seguito il suo percorso rigoroso e pur inquieto, rimane da chiedersi quale ne sia l'attualità, quali indicazioni si possono trarre, cent'anni dopo, dalla sua riflessione di Dorpat. Le suggestioni non mancano e si confermano in vari aspetti del sapere psichiatrico. L'importanza nevralgica attribuita alla psicopatologia potrebbe forse resistere a nosografie semplificate anche se fondate su connessioni con dati anatomici e biochimici. È il caso della revisione delle schizofrenie operata da Crow,40 classificazione che comporta due soli tipi, individuati con metodo eclettico e su considerazioni a posteriori e ex adiuvantibus. Rilievi non dissimili si possono avanzare riguardo ad alcune classificazioni di sindromi depressive e distimiche basate su markers biologici. Anche nei confronti delle teorie psicodinamiche, la centralità della psicopatologia non permetterebbe di ridurre i quadri clinici e contingenze relazionali (transferali, familiari, sociali), ma solleciterebbe una riflessione rigorosa sulla struttura psichica, e sul fatto che tale struttura colta nel suo sviluppo scioglie alcune dicotomie quali mente/corpo e natura/cultura. Dalla meditazione sull'esempio di Kraepelin può inoltre sorgere l'intuizione di un psicopatologia nuova che non sia quella delle grandi coordinate ma si volga a esplorare spazi minimi, differenze lievi nella continuità. 112

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