La psicosi maniaco-depressiva riprende la concezione della «folie circulaire». La novità è altrove, non in quadri clinici inediti, ma-nella loro collocazione all'interno di un sistema che li classifica e articola con precisione. Solo l'ossequio al metodo può andare oltre l'ingannevole apparenza: così nel gruppo della dementia praecox confluisce la forma «simplex» che, se non fosse per lo slitt�mento del decorso, poco avrebbe in comune con forme ad esordio florido. La concezione di «Prozess» è essenziale al catalogo del perturbante. Solo, il «Prozess», che pure scorre dinanzi agli occhi come un evento descrivibile e quantificabile in modo obbiettivo, finisce per lasciar intendere, in trasparenza, i meccanismi segreti della struttura. In questo Kraepelin si rivela uno strutturalista ante litteram, orientato a cogliere l'ontologia della malattia svelandone la ragione nascosta. Tale visione «strutturale», di sua natura portata a prevedere e a saldare i due atti clinici della diagnosi e della prognosi, è subito poco tollerata in Europa, e anche in Italia, come provano le ricerche di Stok.39 Più o meno consapevolmente i clinici rimproverano a Kraepelin il suomodo speculativo di porsi di fronte al reale e la tentazione a darne in fondo una lettura pre-giudiziale anziché attenersi all'ingombro di concretezza del dato fisico. Nel costruire la nosografia, Kraepelin ripropone l'assoluto di quello sguardo dal quale la clinica, come ha documentato Michel Foucault, è nata. Testimonianza di questa filosofia classificatoria non sono unicamente le edizioni del Trattato. La Clinica di Monaco, aperta nel 1904, con la sua architettura e la sua capacità di organizzare spazi e raccolte di dati, appare funzionale a un disegno. Se il manicomio dell'800 è ideale in quanto soddisfa un ordine morale, la clinica di Kraepelin lo è in quanto risponde a un rigore visuale e alla sua declinazione nel tempo: situazioni lontane entrambe dalle istituzioni totali come si 107
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