Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

Kraepelin incontra notevoli difficoltà nel restare coerente alla sua opzione; esse già emergono nelle lezioni sui casi clinici tenute ad Heidelberg negli anni 1895-1900. Non è un caso che la critica di metodo rivolta a Kraepelin si appunti sempre su questo testo che egli ha sentito come la naturale «introduzione alla clinica psichiatrica».35 Nella pretesa di leggere ogni evento psicologico in modo oggettivo egli si concentra su come il paziente appare ed agisce. Ecco l'avvio dell'esame di uno dei «quadri clinici veramente strani»: 104 Signori! Il malato che oggi presento Loro, viene innanzi quasi portato dagli infermieri, camminando con attitudine forzata sull'orlo esterno dei piedi. Nell'entrare scaraventa davanti a sè le sue pantofole; si mette a cantare un'orazione; e poi grida due o tr� volte in inglese: «Mio padre, mio vero padre!» E un giovane di 18 anni, studente della scuola tecnica superiore, alto, abbastanza robusto. Sul suo viso pallido passa tratto tratto un rapido e fuggevole rossore. Siede tenendo gli occhi chiusi; e non si cura affatto dell'ambiente. Anche interrogato non alza lo sguardo, ma risponde, da prima a bassa voce, e poi a poco a poco alzando il tono fino a gridare... Il malato capisce benissimo;- nei suoi discorsi ha ripetuto alcune frasi rivolte a lui, senza mai alzare gli occhi. Parla affettato, ora balbettando come fanno i bambini, ora bisbigliando e inceppando nella pronuncia; di tratto in tratto si mette a cantare, o a far delle smorfie. Se gli si dà un ordine, obbedisce in modo bizzarro; dà la mano chiusa a pugno; invitato, va alla lavagna; ma non vuol scrivere; d'improvviso getta invece a terra una lampada, o getta un gesso in mezzo all'uditorio. Fa ogni sorta di movimenti insensati; spinge in là il tavolo, gira attorno a se stesso insieme alla seggiola che tiene con le braccia incrociate; si mette a sedere con una gamba sull'altra, le mani

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