Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

muta l'oggetto, non l'attenzione -sake - la presa poetica su di esso. Insomma tutta la poesia di Hopkins si fonda su un'estetica dell'oggetto molto forte, orientata dentro la teoria della bellezza strutturale. Hopkins parla di techne e tuche che si contendono il risultato in una varietà mista dove però la mistura deve divenire impercettibile. Il rapporto fra simmetrico e asimmetrico si precisa: lasciamo il ramo di castagno18 e pigliamo il verso retto dal criterio generale del parallelismo. La bellezza che organizza la realtà del verso è definita da Hopkins una bellezza parallelistica, ovvero una bellezza discontinua, intervallata, discreta, quantitativa: una bellezza «diacronica». Questo tipo di bellezza si oppone alla bellezza «cromatica», che è al contrario continua, come le volute di una curva, graduale e qualitativa. L'opposizione vale anche trasportata sul piano della percezione dell'oggetto, di cui avremo una percezione globale di tipo «cromatico» e una «diacronica». Di nuovo è quest'ultima ad essere praticata da Hopkins, che è interessato a una visione «marcata», una visione abrupt, inaspettata e repentina, con la quale si coglie il dettaglio che «marca», caratterizza la cosa nella particolare presa del verso, del discorso poetico. Questo modo di procedere discontinuo, per rotture, sull'oggetto in Hopkins ha un nome. Un nome comune in inglese, che però in questo caso assume ùn significato nuovo, sottilmente legato a questo modo di procedere. La marcatura che equivale a una moderna traduzione delladottrina dell'hrecceitasdi Duns Scoto, è dettaSake. La incontriamo nel sonetto dedicato aHenry Purcell (21) dove la sua musica è presentata come una manifestazione del abrupt self del musicista. Abbiamo citato questo sonetto a proposito del dialogo interiore dell'«io» nei sonetti «terribili». Ora vediamo il seguito ai versi 9-11 e 12-14: 91

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