Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

che sia necessaria alla civiltà non risulta a prima vista, eppure la civiltà non potrebbe farne a meno.16 • A queste parole di Freud sulla bellezza e la civiltà, facciamo seguire una sua osservazione sul tema della «caducità», tratta dal breve saggio omonimo: Il poeta ammirava la bellezza della natura intorno a noi ma non ne traeva gioia. Lo turbava il pensiero che tutta quella bellezza era destinata a perire... Tutto ciò che egli avrebbe altrimenti amato e ammirato gli sembrava svilito dalla caducità cui era destinato. Da un simile precipitare nella transitorietà di tutto ciò che è bello e perfetto sappiamo che possiamo derivare due diversi moti dell'animo. L'uno porta al doloroso tedio universale del giovane poeta, l'altro alla rivolta contro il presunto dato di fatto.17 Hopkins però non rimane a lungo in questa alternativa, anche se nelle ultime poesie si sente qualcosa come un «tedio universale». In realtà egli si sposta, rispetto al discorso della caducità, lungo la via già tracciata: basta pensare al suo discorso sulla bellezza come prodotto di un confronto, come fatto di proporzioni dentro strutture chiuse. «On the Origin of Beauty: a Platonic Dialogue» fa un discorso sulla bellezza complessa, sulla composizione e l'articolazione delle parti dentro un tutto, e non tocca quello che con Freud potremmo chiamare un «sentimento oceanico» della perdita dell'oggetto. In realtà i sonetti «terribili» vivono la condizione della caducità, ma non si fissano su di essa; e quando gli oggetti vi compaiono hanno sempre, comunque, gli stessi caratteri di nettezza e di dettaglio che già avevano nel periodo dei sonetti gloriosi. Semmai, come abbiamo detto 90

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