Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

zione, non di storia. Alla luce chiara della ricerca imparziale, lo spettro affascinante che Macaulay ha evocato svanisce nell'aria, o meglio riacquista il suo posto, una volta per tutte, tra le figure malvagie di un romanzo. Ma i ricercatori imparziali hanno ben poco di cui vantarsi. Per ogni persona che vada a leggersi i risultati delle loro ricerche, ve ne sono cento che leggono Macaulay. I libri, in generale, vengono letti per il.piacere che offrono, e il condimento della menzogna aggiunge sempre piacere. Macaulay trionferà sino a quando non sorgerà un grande maestro dell'arte dello scrivere, che vorrà scegliere di affrontare gli eventi della storia dell'India con il fascino della letteratura, e saprà rendere la verità ancora più attraente della invenzione romanzesca. Pensa forse a se stesso il giovane studioso e scrittore (ha venticinque anni, ma non manca certo di ambizioni)? Affrontare vite e vicende realmente accadute con l'arte di un «maestro dello scrivere», creare o rinnovare quella che più tardi Virginia Woolf chiamerà l'«Arte della biografia», sarà, dopo una non lunga esperienza di critico letterario, l'impegno della sua non lunga e complicata esistenza. Ma torniamo a quel 26 giugno 1916. Lytton Strachey ha già trentasei anni compiuti. Dopo il brillante esordio negli anni universitari, durante i quali fu segretario degli elettissimi «Apostoli» di Cambridge, dopo l'umiliazione del mancato incarico accademico, anche le sue prime prove di critico letterario, raccolte nel 1912 nel volume Landmarks in French Literature, erano, nell'insieme, apparse piuttosto deludenti; e non tanto in riferimento al loro esito pubblico, quanto per il giudizio, esplicito o sottinteso, dei suoi sodali di Bloomsbury. La mediocrità, anche se aurea, non era fatta per Lytton. Enfasi a parte, qualcosa della lettera a Leonard Woolf, scritta dopo lo choc della sua bocciatura ad opera degli «asini» di Cam9

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