Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

vede ancora quadri di natura, vede - «Inversnaid» (33) - un torrente cupo scorrere sinuoso annaffiando di rugiada cespi e ciuffi: ma come è bruna la sua corrente, e mugghiante, una pozza di pece nera induce la disperazione ad affogarsi. È una pausa, un tratto d'ironia per cui il fantasma della disperazione è annientato dallo stesso elemento acquatico, fatale e fascinoso, che lo ha evocato. In margine a questa disperazione, in questa minacciata disparizione del mondo della natura, dell'acqua, dell'aria, anche la sospensione è rotta, l'estinzione finale della natura è anticipata dalla classica figura visionaria e apocalittica dell'adunaton: cosa sarebbe il mondo senza acqua? What would the world be, once bereft I ofwet and of wildness? Dalla domanda degli ultimi versi di «Inversnaid», Hopkins passa, nella poesia dedicata alla Vergine (37), a immaginare un mondo, non solo senza acqua (33), ma anche senza aria: Whereas did air not make This bath of blue and slake His fire, the sun would shake, A blear and blinding ball With blackness bound, and all The thick stars round him roll Flashing like flecks of coal, Quartz-fret, or sparks of salt, In grimy vasty vault. («The Blessed Virgin Compared to the Air we Breathe»37)12 Se non ci fosse l'aria il sole vacillerebbe, e tutte intorno roterebbero le stelle fitte fitte folgorando come grani di carbone... Da cui l'invocazione finale di «Inversnaid»: oh, conservatele, conservate le selve, le acque... 86 What would the world be, once bereft Of wet and of wildness? Let them be left, O let them be left, wildness and wet;

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