Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

La vita, così, si presenta in diretta contiguità col sogno, e il passaggio appare pervio da entrambi i lati. Non solo il . vissuto si lascia facilmente sprofondare nel sogno, ma di laggiù, dal buio di quello spazio privo di direzione - non astratto, né ideale - si immagina che esso possa agevolmente esser riportato su alla luce e all'ordine del racconto. Peter Quince produrrà la sua ballata, vedrà quel «sogno» che nessuno può dire che sogno era. Questo dice Bottom. D'altra parte, però, proprio mentre sembra che il doppio transito dalla vita al sogno possa svolgersi senza ostacolo, quello stesso passaggio si rivela del tutto intransitabile alla lingua: chi ha vissuto non ha parole; chi non ha sognato riuscirà a scrivere. Anche questo dice Bottom. C'è la vita, allora: tramata di magia, ma indicibile fuori di una prospettiva che la ordini; e c'è la scrittura, che elimina la magia, e opera lo sfondamento prospettico della tela del vissuto. Mai la vita e il racconto della vita sono apparsi così separati, e irraggiungibili l'uno dall'altra. Davvero, col «sogno» di Bottom è stato toccato un fondo: un fondo del vivente è apparso che non tollera di essere detto, e proprio come un indicibile esso è apparso. Per questo la «visione» l'abbiamo vista magicamente agita sulla scena; enacted, non raccontata. «Mi svegliai, e tutto era reale davanti ai miei occhi»; così Adamo racconta all'angelo la sua venuta alla vita. Tra vita e sogno qui c'è dawero equivalenza: Adamo ha sognato di essere in paradiso; Adamo è in paradiso. Allo stesso tempo, mentre si dimostra immune dall'errore di Bottom, perché ben sa distinguere il sogno dalla vita, Adamo proprio da Bottom sembra raccogliere, assolutizzandolo, il dato dell'incomunicabilità tra la vita e il racconto della vita. La parola dice l'essere nel paradiso, tiene dentro di sé quella visione come un canto fermo, continuo, ma paga un prezzo, per questo. C'è una cecità costitutiva nella parola di Adamo che, esente da morte, deve dire la morte, «whatever thing Death be». C'è ironia tra74

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