Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

parola ancora stretta alla sua origine paradisiaca. È il ricordo e la sola sopravvivenza concessa a quell'origine: quando il nome era immediatamente la cosa, senza intermediazione d'immagine interiore. Tutto il paradiso, quanto di esso è possibile godere su questa terra, è racchiuso in questa immagine interiore e più segreta - dove ancora i tratti del volto di Euridice debolmente risplendono - che il Coro ci invita a «vedere». E al paradiso subito ci introduce Canterbury, che pronuncia l'elogio del re. L'Adamo peccatore è stato espulso fuori da Enrico, dice l'arcivescovo, «leaving his body as a Paradise». Con completo rovesciamento dell'ottica del racconto biblico, il giardino dopo il peccato e la cacciàta non è più qui un luogo difeso e proibito; siamo anzi .richiesti di entrarvi, e guardare. Esso coincide in tutto col corpo paradisiaco del re ravveduto, <<attraversato e circonfuso di soffi celesti», che tra poco apparirà sull' unworthy scaffold. Con quel corpo celebreremo il mistero. Della sua presenza. Capiamo, allora, come Enrico - forse in questo il più assoluto dei sovrani shakespeariani - sia rappresentato totalmente sotto il segno dell'unione. Dell'indivisione. Come perfettamente capace, cioè, di controllare ed equilibrare, nel suo essere re, la creatura e la funzione. Il corpo e il paradiso. «Il paradiso qui»: l'antico grido di guerra delle ali estremiste dei movimenti contadini per la redistribuzione delle terre punta ora al corpo del re consustanziato al sµo regno. Uno con esso. Il paradiso qui: nella terra della regina vergine. Nel suo golden world, dove l'antico e il nuovo si sovrappongono e si mostrano una cosa sola. «Lo universo», scrive Giordano Bruno, «che è il grande simulacro, la grande imagine e l'unigenita natura[...] un grandissimo ritratto, mirabile imagine, figura eccelsa, vestigio altissimo, infinito ripresentante di ripresentato 61

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