Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

(Ai miei occhi è la più dolce creatura che abbia mai visto) (I, I, 182-83) Per contrapposizione Eros in Much Ado appare nella forma del simulacro cieco Cupido, il cui nome viene speso in contesti in cui l'ironia segna la fragilità delle passioni, esposte come sono ai capricci e arbitrarietà del linguaggio messi in risalto dall'uso malintenzionato o erroneo, dall'ascolto involontario, dall'origliare e dalla cattiva ricezione. L'idolatria e l'amore, con sospetta disponibilità, si trasformano, così, in odio e disprezzo e viceversa. A questo si aggiunga il polistilismo che si manifesta nell'intersecarsi del linguaggio di corte perfezionato, con il prezioso dialogare eufuistico di Benedick e Beatrice, il cui «merry war» precorre anche la «comedy of manners» della Restaurazione. Dall'atto terzo in poi, la scena risuona anche delle goffaggini verbali, popolari e clownesche di Dogberry e Verges. Lo sviluppo dell'intreccio che ne deriva e la stessa sdoppiata «configurazione passionale», in sé autonoma, si manifestano strumentali e sfociano nella raffigurazione di un mondo che tende a disunirsi, correndo il rischio della dissoluzione nel «rumore», nella mescolanza dei linguaggi già in sé attivati secondo i dettami della ambiguità. Il concetto di totalità viene fatto percepire come separato dal soggetto e disperso in una molteplicità di socioletti. La parola non funge, come in Ariosto, a celebrare l'azione, ma si arroga la funzione di attante sincretico, allo stesso tempo "aiutante" e "oppositore» del «soggetto». Così il linguaggio composito fonda e disgrega ogni senso accettabile dell'esistenza, oscurando la «intenzionalità» dei personaggi. Non vi è un codice, come quello cavalleresco in Ariosto, a dominare la raffigurazione e a assicu53

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