Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

presentato in modo tragico, in Shakespeare si triforca nel linguaggio melodrammatico di Leonato e quello più misurato e laconico di Hero, e nei lazzi eufuistici di Benedick e Beatrice (in circostanze precedenti alla macchinazione). In Bandella non è il frate a consigliare la «finta morte» (motivo 10°) come uscita strategica dalla molesta situazione, ma lo stesso padre, Lionato, ritiene che la mossa sia socialmente conveniente e manda Fenicia in villa da suo fratello, appena fuori di Messina. Timbreo, dotato di più immaginazione di Claudio, e di una personalità non radicalmente irresoluta, davanti alla tomba dell'amata comincia a dubitare del senso di ciò che ha visto: Poi meglio pensando a le cose vedute ed essendosi già lo sdegno in gran parte intepidito e la ragione aprendogli gli occhi, diceva fra sè che forse colui, che era in casa entrato, poteva essere o per altra donna o per rubare là su salito.22 Davanti alla tomba di Fenicia, Girondo confessa lo «inganno» e chiede a Timbreo di pugnalarlo sulla tomba dell'amata (in Much Ada è Leonato che prega di venire finito). Timbreo non solo perdona all'amico, ma afferma che se fosse stato messo a parte della passione, gli avrebbe ceduto l'amata. L'identità e valore dei due giovani non vengono, così, da Bandella messi radicalmente in questione, mentre in grande rilievo appare la perenne lotta tra la passione amorosa e il fato, nucleo generatore della tragica narrazione. La «troppa credulità» di Timbreo, non funge da indizio ontologico radicalmente negativo. L'alibi delle «cattive compagnie» assolve Girondo. A chiusura di racconto, Lionato, un anno dopo, farà Timbreo sposo di Lucilla, cugina di Fenicia e Girondo marito della bella quindicenne Belfiore, sua sorella mino46

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==