Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

Egli stesso ne dà la motivazione: in Elisabeth and Essex aveva infatti colto il segno di una affinità tra il tentativo dell'autore di «inoltrarsi in maggiori profondità» e il proprio stesso lavoro. Ovviamente, soltanto un'affinità: lo storico che tenta di penetrare la psiche e i comportamenti di «persone del passato», viene a trovarsi, necessariamente, nella ipotizzata situazione di un analista che conosce sì il contenuto manifesto dei sogni dell'analizzante, ma, in assenza di ogni associazione da parte di questo, non è, metodologicamente, in grado di intepretarli. Ma quando Freud sottolinea di aver trovato nello Strachey di Elisabeth and Essex uno storico «imbevuto» (durchtriinkt) dello spirito della psicoanalisi, per cui al «piacere estetico» che i suoi precedenti libri sempre gli avevano dato, si aggiunge un interesse «più profondo», egli coglie con estrema finezza un reale punto di differenziazione tra questo e i libri precedenti, Eminent Victorians e Queen Victoria. Già in essi, a ben guardare, non è difficile scorgere da parte dell'autore, un punto di vista che può accostarsi, anche se genericamente, alla psicoanalisi. Leggiamo infatti, nella prefazione a Eminent Victorians, a proposito della sovrabbondanza di materiali sull'Età vittoriana: Non è con il metodo diretto di una narrazione scrupolosa che l'esploratore del passato può sperare di dipingere quell'epoca singolare. Se ha saggezza, adotterà una strategia diversa. Attaccherà il suo soggetto in luoghi insospettati, si attaccherà ai fianchi, o al dorso; punterà all'improvviso un proiettore rivelatore entro oscuri recessi, sinora non divinati. Trarrà a galla, dal grande oceano di materiali, qua e là andando sotto la superficie, una piccola sonda che recherà alla luce del giorno, da quelle lontane profondità, alcuni piccoli 19

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