Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

Sarastro), Papageno rischia piuttosto il proprio suicidio per amore di Papagena. Il gioco è dunque fortemente ironico. A Tamino non si oppone più solo il «nero malvagio» e male intenzionato verso la donna amata, ma anche il basso popolare e comico, più tenero e meno pericoloso (sadico) verso la donna amata. La minaccia di congiura che investe i tre re-padri è sventata in tutti gli intrecci: per sconfitta di Calibano, omaggio finale di Sigismondo a Basilio, sconfitta di Monostato e della Regina della Notte. Ricorrono ovunque aiutanti simbolicamente uranici, nel nome - da Ariel a Stella o Astrea, nome fittizio di Rosaura - o nella natura: dai tre fanciulli celesti che salvano Pamina al «cerchio solare» alla cui forza ricorre Sarastro. Ad essi si accompagna nell'intreccio della Tempesta e del Flauto una peculiare musica: la musica magica che pervade l'isola di Prospero, o il duplice suono fatato del flauto di Tamino e dei campanelli di Papageno. La vendetta, che si delinea come possibile tema dominante nelle tre vicende, è in tutte rinunciata o fallita, ma il conflitto tra. natura e storia si compone solo nella Tempesta, in cui il naturale consente la correzione della storia. Nella Vita è sogno è la storia a prevalere, in un'accezione monarchica, mentre nel Flauto magico la scissione tra le due coppie lascia distinte le due soluzioni della naturalità e della socialità monarchica. Nel .1907 Henry James scrive una Prefazione alla Tempesta, definendola l'opera più bella del suo autore («the finest flower of his experience»), ed espressione somma della letteratura in assoluto («one of the supreme works of all literature»). James vede nella Tempesta una partitura musicale autoriferita: «a concert of one, both performer and auditor, who plays for his own ear, his own hand, his own innermost sense, and for the bliss and capacity of his instrument». In essa Shakespeare ha osato una libertà mai prima raggiunta, liberandosi di «too 189

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