Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

le Nozze di Figaro35 avvalorano il peso dell'intreccio«basso» di Papageno e Papagena nel Singspiel. A differenziare il bilogismo del Flauto dalla scena bivoca della Tempesta concorre il ripetersi nella vicenda di Tamino dello stesso sgomento epistemologico di Sigismondo nella Vita è sogno, e di una sua analoga soluzione fondata sull'autorità regia. Prospero nella Tempesta aveva esitato di fronte alla parvenza inconsistente del reale: trauma d'origine della sua vicenda, la falsità dei simulacri machiavellici, degli inganni del fratello o di altri operatori della storia, aveva tuttavia promosso in lui un sapere e un fare intesi al recupero della naturalità affettiva e dell'armonia. Sottolineata dal titolo stesso dell'opera di Calderon, la crisi gnoseologica dei simulacri non trova invece per Sigismondo rimedio nella naturalità; e analogamente nel Flauto, colpito dallo«scandalo» della duplice definizione di Sarastro, dapprima descritto come malvagio rapitore di Pamina e poi come saggio da cui apprendere l'illuminazione, neppure Tamino si rifugia nella natura. Per Sigismondo la corona diviene legge dell'io prima che dello stato, norma gnoseologica prima che morale, soglia al di qua della follia, dell'indistinguibilità tra sogno e veglia. Per Tamino la confusione tra i volti di Sarastro in funzione dell'emittente del giudizio - la Regina della Notte, che definisce Sarastro malvagio, o il Sacerdote del Tempio della Sapienza, che lo definisce saggio - può risolversi solo in funzione dell'autorità di cui la confraternita investe il proprio sovrano, conferendogli i valori simbolici e il potere«sintagmatico» del collettivo. Non a caso, prima di accedere al tempio della Sapienza, Tamino vede due Templi, della Ragione e della Natura, ma è respinto alle loro porte. È solo al Tempio della Sapienza, come a legge che entrambe sovrasti, che egli viene infine accolto. Se la«natura» -ovvero, secondo una frase 186

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