catare del figlio Sigismondo, che egli ha chiuso in una torre insolita tra i monti, per opporsi al destino - letto nelle stelle alla nascita del principe- della sua futura crudeltà. Ma giunto il momento della successione Basilio esita ad escludere definitivamente il figlio, e decide di metterlo alla prova, incerto tra le predizioni astrologiche e la convinzione che la natura umana possa autodeterminarsi al di là degli influssi astrali. La lunga costrizione alla prigionia ha educato Sigismondo ad una violenza ferina - come egli stesso più oltre lucidamente spiegherà - e la prova di un giorno di regno fallisce, confermando Basilio nei suoi propositi contro di lui. Scoperta la propria nascita, il principe riesce tuttavia a liberarsi dalla torre e a impadronirsi del trono, con il favore del popolo, che teme una successione straniera. La lezione della vanità del potere, della labilità della condizione umana appresa nel suo solo giorno di regno, ha nel frattempo rieducato in lui gli impulsi di dominio, la sregolata attrazione sessuale, le tentazioni di vendetta. La coscienza del tempo, del divenire, gli ha suggerito la saggezza di una stabilità di norme di comune consenso, intraviste nella breve esperienza a corte insieme ad un codice d'onore da rispettare e far rispettare. Vincitore del padre e degli altri pretendenti al trono, Sigismondo può ora stupire il vecchio Basilio inginocchiandosi dopo il trionfo davanti a lui, per riconoscerne i valori, freno al suo stesso intimo prorompere del «disordine». Nella scelta finale, non la natura, gli istinti, l'amorevalori definibili nella tipologia di Juri Lotman «illuministi»27, e qui resi al limite del selvaggio - ma il codice dell'autorità regale, dell'onore, dei vincoli dinastici, si affermano perentori in una vicenda che fa di Sigismondo alla fine il «re giusto», gradito al padre, e opportunamente sposato a Stella anziché alla donna amata. Egli cede infatti, in nome dell'onore Rosaura in nozze al suo seduttore Astolfo, già mostratosi pronto a rinnegarla per ambire 178
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