Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

chiamare quella di Clov in Fin de partie; ma occorre fare notare che, se la staticità del signor Knott è altra cosa dall'immobilità fisica di Hamm, anche il rapporto fra padrone e servo mostra una valenza mutila. In definitiva il signor Knott non entra mai in relazione dinamica con Erskine (né con Watt)- egli è monade, lì dove Hamm si relaziona a Clov come l'altro polo di una pseudocouple. 38 lvi, p. 84. «[...] e tutte le cose buone da mangiare, e tutte le cose buone da bere, e tutte le cose buone da prendere per il bene della salute, erano inestricabilmente amalgamate e trasformate in un'unica cosa buona che non era né cibo né bevanda né farmaco, ma una cosa buona del tutto nuova, e di cui il più piccolo cucchiaino immediatamente stuzzicava l'appetito e lo soddisfaceva, eccitava e sedava la sete, comprometteva e stimolava le funzioni vitali del corpo, e dava piacevolmente alla testa». 39 lvi, p. 97. «proprio quando ce n'era maggior bisogno parole buone di consiglio, d'incoraggiamento e di conforto». 40 Lacan J. Il seminario. LibroXI (trad. it. G. Contri), Torino, Einaudi, 1979, p. 220. 41 ivi. 42 Watt, cit., p. 128. «Attraverso il nadir noi veniamo, disse Watt, e attraverso il nadir ce ne andiamo, non importa che cosa significhi ciò». 43 Ivi, p. 133. «Ma verso il signor Knott, e presso il signor Knott, e via dal signor Knott, era un venire e uno stare e un andare esenti da languore, esenti da eccitazione, perché il signor Knott era porto, il signor Knott era rifugio, dove tranquillamente si entrava, liberamente si stava all'ancora, lietamente si partiva. Sbattuto, strappato, costretto, dalle tempeste fuori, le tempeste dentro? Le tempeste fuori! Le tempeste dentro! Uomini come Vincent e Walter e Arsene ed Erskine e Watt! Ah! No. Ma nella difficoltà, nella minaccia, nel richiamo della tempesta, nel bisogno, nella conquista, nella perdita del rifugio, tranquillità e libertà e letizia». 44 Wittgenstein L. Tractatus, cit., 2.0271: «L'oggetto è il fisso, il sussistente; la configurazione è il vario, l'incostante». 45 lvi, 5.552: «L'esperienza che ci serve per la comprensione della logica, è non l'esperienza che qualcosa è così e così, ma l'esperienza che qualcosa è: ma ciò non è un'esperienza. La logica è prima d'ogni esperienza- d'ogni esperienza che qualcosa è cosi. Essa è prima del Come, non del Che cosa». Leggendo e rileggendo questo romanzo mi sono sempre di più convinto che alla base di molte delle strategie narrative - ma a questo punto si può dire conoscitive ed anche esistenziali - di Watt vi sia la lettura del Tractatus di Wittgenstein, se non addirittura un interesse sostanziale per le tematiche neopositiviste. Lo stesso, per altri versi «ontologo», Arsene aveva difatti già avvertito Watt verso la fine del suo short statement di aver portato via the ladder (la scaletta), che cioè il metodo da lui usato nell'esposizione di ciò che egli ha inteso dalla realtà di casa Knott era ormai inservibile (è inevitabile pensare alla nota chiusa del Tractatus, 6.54, doveWittgenstein esorta il lettore a comprendere le proprie proposizioni e, dunque, a riconoscerle insensate, cioè a «gettar via la scala» con la quale egli è salito «per esse - su esse - oltre esse»). L'immagine della scala appariva del resto già in Murphy, con parole molto simili a quelle usate da Arsene: «Do not come 155

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