Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

sono molto simile a Erskine ed Erskine molto simile a me, vale a dire piccolo grasso cencioso sofferente vivace o abile, con gambe a O, un culetto grasso che sporge in avanti e una pancetta grassa che sporge indietro». 19 Ivi, pp. 37-38. «Ah! Come tutto ritorna fino a me, già. Quello sguardo! Quel vuoto stanco e vigile! Arriva l'uomo [...] Le vie buie dappertutto dietro, e dentro, le lunghe vie buie nella sua testa, nei fianchi, nelle mani e nei piedi, e lui siede nell'oscurità rossastra, mettendosi le dita nel naso, aspettando che spunti l'alba. L'Alba! Il sole! La luce! Ah, ah! I lunghi giorni azzurri per la sua testa, per il suo fianco, e i sentieri per i suoi piedi, e tutto lo splendore da toccare e da cogliere. [...] Come la sento tutta di nuovo, dopo tanto, qui e qui, nelle mani, e negli occhi, come un volto levato, un volto offerto, tutto fiducia e innocenza e candore, tutta la vecchia sozzura e paura e debolezza offerta, per essere cancellata con un colpo di spugna e perdonata! Ah!». 20 Ivi, pp. 44-46. «Personalmente com'è ovvio rimpiango tutto. Non una parola, non un'azione, non un pensiero, non un bisogno, non un dolore, non una gioia, non una ragazza, non un ragazzo, non un dubbio, non una certezza, non uno scherno, non una voglia, non una speranza, non un timore, non un sorriso, non una lacrima, non un nome, non un volto, nessun momento, nessun luogo, che io non rimpianga, esageratamente. Uno schifo, dal principio alla fine. [...] Il croco e il larice che rinverdiscono ogni anni una settimana prima degli altri e i pascoli rossi delle placente di pecore non mangiate e le lunghe giornate d'estate e il fieno appena falciato e i colombi selvatici la mattina e il cuculo nel pomeriggio e il corvo del grano la sera e le vespe nella marmellata e l'odore del ginestrone e l'aspetto del ginestrone e le mele che cadono e i bambini che camminano nelle foglie morte e il larice che ingiallisce una settimana prima degli altri e le castagne che cadono e il vento che ulula e il mare che irrompe al di sopra del molo e i primi fuochi e gli zoccoli sulla strada e il postino tubercolotico che fischia Sbocciano le rose in Piccardia e la lampada a olio col suo stelo e naturalmente la neve e manco a dirlo il nevischio e misericordia il fango e ogni quattro anni lo sgelo improvviso di febbraio e gli interminabili acquazzoni di aprile e il croco e poi tutta la maledetta tiritera che riattacca da capo. Una merda». 21 /vi, p. 59. «[...] l'uno sempre soppiantando l'altro, benché soppiantare non sia forse la parola...». 22 /vi, p. 43. «E tuttavia è inutile non cercare, non volere perché quando smetti di cercare incominci a trovare, e quando smetti di volere, allora la vita comincia a cacciarti in gola il suo pesce colle patatine finché vomiti, e allora giù in gola il vomito finché vomiti il vomito, e allora il vomito vomitato finché incomincia a piacerti». Questa è la dolorosa constatazione che Arsene deriva dal suo negotium; questa, in breve, la constatazione del popolo lavoratore beckettiano: se non si è indolenti, si è dolenti. 23 Ivi, p. 56. «Come una quercia, un olmo, un faggio o un frassino». 2 4 /vi, p. 46. «E se potessi ricominciarla da capo, sapendo quello che so adesso, il risultato sarebbe lo stesso. E se potessi ricominciarla ancora una terza volta sapendo quello che avrei saputo allora, il risultato sarebbe lo stesso. E se potessi ricominciarla da capo cento volte, ogni 153

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==