Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

le, se non addirittura identica. Ed è perché, per quanto possa cambiare l'uomo, la realtà della casa del signor Knott (cioè la realtà, la vita), offre per altri, ad altri, i suoi immutevoli scenari: la morte individuale non cancella nulla alla vita, è un cancellarsi alla vita. Sin dalla sua prima battuta, Arsene riconosce in Watt colui che gli sopravvive e che, per ciò stesso, è già destinato a cadere: Haw! How it all comes back to me, to be sure. That look! That weary watchful vacancy! The man arrjves! [...] The dawn! The sun! The light! Haw! The long blue days for his head, for his side, and the little paths for his feet, and all the brightness to touch and gather. [...] How I feel it all again, after so long, here, and here, and in my hands, and in my eyes, like a face raised, a face offered, all trust and innocence and candour, all the old soil and fear and weakness offered, to be sponged away and forgiven! Haw!19 La sua voce perfettamente consòna con l'elencatore delle vanità: «Quod est quod fuit? Ipsum quod futurum est. I Quid est quod factum est? Ipsum quod faciendum est» (Eccl. 1,9). Vi sono accenti nell'esposizione di Arsene che sembrano ripetere passo dopo passo· quella con la quale !'Ecclesiaste giustifica il suo sguardo accidioso sulla vanità delle cose. La constatazione di una realtà che resta im_ mutabile nei suoi ritmi e alla quale si viene d'improvviso sottratti senza lasciare alcun senso di vuoto - si ricordi il famosissimo luogo del cosidetto «nihil sub sole novi»: «Generatio praeterit, et generatio advenit: / Terra autem in aeternum stat. / Oritur sol et occidit, / Et ad locum suum revertitur; I Ibique renascens, gyrat per meridiem, et flectitur ad aquilonem» (Ecci. 1,4-1,6) - campeggia nel generico senso di rimpianto nel quale Arsene confida il vuoto di un'esperienza che, giunta al termine, non è mai stata in realtà 'condotta' al suo termine. Varrà la pena citare lunghi stralci: 130

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