Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

Watt non abbia proseguito in tram fino alla stazione e sia invece sceso (sappiamo in che modo) ad una fermata per di più facoltativa. Dopo aver vagliato varie ipotesi, Hackett giungerà ad una conclusione alla quale anche la nostra curiosità potrebbe uniformarsi: Watt vuole e non vuole lasciare la città, vuole e non vuole intraprendere questo suo primo lavoro. Per tale motivo egli esita, decide di restare, scende dal tram, si pente della sua decisione, poi della sua esitazione e riprende a piedi la marcia: Too fearful to assume himself the onus of a decision, said Mr. Hackett, he refers it to the frigid machinery of a time-space relation.10 Ma noi lettori conosciamo il vero motivo per il quale Watt ha abbandonato il tram che comodamente l'avrebbe portato alla stazione: egli doveva offrirsi alla percezione del signor Hackett, senza la quale anche lo sforzo di Sam sarebbe andato perduto e nulla di questa edificante storia ci sarebbe stato conservato. Così Watt, con le sue valige «three-quarters empty», [«vuote per tre quarti»] s'incammina verso il treno che lo condurrà presso la confortevole casa a due piani del signor Knott, progressivamente uscendo dal campo ottico del signor Hackett a cui è dato oramai percepire solo l'incupirsi delle ombre nell'uniformità della notte, a Est come a Ovest, a Sud come a Nord. Ma a sparire in queste ombre non sarà il nostro viaggiatore, quanto piuttosto giusto il signor Hackett, assorbito da Watt, del cui cipiglio conoscitivo egli è stato prolessi. Certo, nella vicendà del gobbo signor Hackett e di Watt, in questo passarsi il testimone, vi è già qualcosa che ricorda l'affievolirsi di Jacques Moran nelle deformità di Molloy. In queste pagine serpeggia di già una prima rudimentale pseudo-couple beckettiana. 124

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