Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

«Avvicinarsi alla vita! Guardare alla vita non attraverso gli occhi di poeti e Romanzieri, con i loro accorgimenti per abbellirla, o il loro realismo che la seleziona, ma semplicemente come uno, di fatto, la guarda, via via che essa si svolge, con la sua immediatezza, e le sue molteplicità, e le sue intensità: vivida e completa! Riuscire a farlo! Riuscire a farlo anche se soltanto con un suo frammento - non più di una singola giornata - comprendere in modo assoluto gli eventi di un singolo giorno, e di un giorno non eccezionale; senza dubbio ciò potrebbe essere non meno meraviglioso di un romanzo, e persino di una poesia, e - forse! - anche più illuminante. Se soltanto lo si potesse fare! Ma, naturalmente, non si può. Non si ha né la capacità, né la mera possibilità fisica di mettere in catene quella successione quasi infinita; la propria memoria è confusa; e poi le cose che uno ricorda non può, non osa... ---' no! uno può giungere soltanto molto vicino a esse in una segretezza del tutto peculiare; ma tuttavia... rimane molto che uno può forse, in modo positivo, fissare, dopo tutto!». È evidente che Strachey non pensa a un diario, per quanto minuzioso esso possa essere; e tanto meno alle modalità narrative dell'Ulisse joyciano, la cui pubblicazione per i tipi della "Hogart Press di Virginia e Leonard Woolf aveva pure sostenuto, ma che avrebbe incluso nella categoria del «realismo» che «seleziona». Il suo intento, a giudicare almeno da questo scritto, e dall'altro testo autobiografico, letto anch'esso al «Memoir Club» dei bloomsburiani, Lancaster Gate, ove rievoca la vita familiare dell'infanzia, appare piuttosto quello di mettere a fuoco un'atmosfera, uno stato d'animo, e le loro molteplici sfumature, variazioni modificazioni. Qualcosa, a ben guardare, che lo avvicina semmai a due scrittrici, Katherine Mansfield e Virgina Woolf che facevano parte, sia pure a un grado assai diverso di intimità e di frequenta12

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