Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

mati, e ci si soffermerà ulteriormente, su questo effimero personaggio che appare giusto per subito sparire, lo si deve al fatto che si è consapevoli che le scelte di un autore si dispongono, e si giustificano, tutte nelle prime pagine; varrà la pena ricordare difatti che, in un romanzo, ciò che obbliga a elezioni che poi risulteranno definitive - per l'autore come per il lettore - è giusto il modo in cui si principia. È ben vero, certo, che intrecci, allusioni e pensieri fecondi si situano normalmente altrove, diciamo a meccanismo ingranato, infarcendo a volte l'intero sviluppo narrativo ma molto spesso disertando programmaticamente le pagine iniziali; né questo stupisce, giacché è giusto nel modo in cui si principia che l'autore si autorappresenta come istanza narrativa e, così facendo, si sceglie i lettori. Si tratta, dunque, di una prova di avvenuto contatto che l'autore tenta e sostiene nel presentare la voce eletta, in definitiva il pronome nel quale ha deciso di esserci - o non esserci. Perché il problema di tale autorappresentazione e dei lettori selezionati non si riduce certo a quale persona - fra la prima o la terza - si sceglierà, quanto piuttosto a come si partecipa alla persona scelta. Non vi è solo l'«io» che coincide con «chi dice io» e quello che è invece altra cosa da quest'ultimo: si danno anche tutta una serie di «io impuri», dai quali «chi dice io» va e viene (si pensi a Molloy, Malone, Jacques Moran) o nei quali ci si identifica in una maniera più profonda (più profonda anche di chi fa autobiografia), totale, esistenziale (l'«io» il cui essere equivale ad essere percepito della cifra innomable, ad esempio, o quello unnamable dal quale, in Company, si è esortati a fuggire).2 Così come non vi è solo l'«egli» trasparente, in cui «chi dice egli» vuole sperdersi, o quello opaco nel quale vuole confondersi, depersonalizzato e pertanto veritiero, l'autore; vi è anche l'«egli» di chi riporta ciò che è stato percepito, unico vero autore nel senso di disbrigatore di matasse, di matasse di percezioni. Se, dunque, nei primi due modi di dire «io» e 118

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