Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

Il «che cosa?» di Beckett 1. Encomio del gobbo signor Hackett Nell'iridiscenza mutevole, così tipica dei cieli nordoccidentali, di una splendida serata estiva, il signor Hackett svoltò l'angolo per accorgersi, con disappunto, che la panchina che riteneva propria era occupata. Certo, tale piccolo conflitto fra pubblico e privato, e che ha come attori una coppia in amore un poliziotto e ovviamente il signor Hackett, non avrebbe mai attirato la nostra attenzione (abituata a ben altri conflitti e, per essi, a ben altri esiti) se non fosse per l'eccezionale identità della parte, diciamo pure, lesa. Il vecchio gobbo signor Hackett è difatti il depositario di una percezione dalla quale si dipanerà una storia - altra rispetto a quella della sua vita (passata o futura che sia) - accattivante ed esemplare: quella di Watt. Se ancora Murphy, eroe del secondo lavoro narrativo edito di Samuel Beckett, poteva demandare al suo autore una descrizione posizionale dalla quale si sarebbero svolte di poi le sue vicende - e il buon autore accondiscendente l'avrebbe introdotto seduto sulla sua sedia a dondolo, madido di sudore e respirante impercettibilmente1 -, l'epopea del dubbio e della vanità oscuramente cantata in Watt non poteva di certo essere affidata alla tacitante sicurezza di un autore, quale che fosse. Così, se ci si è soffer117

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