Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

un'onda, con la danza di una carola-the roll, the rise, the carol-le figure del verso. Queste slancio-jaunting vaunting assaulting-avvolge in rotoli di ondate crollati (53) lo squillante richiamo delle parnle, e alla fine è il vero conforto, il fuoco di quella contemplazione che Hopkins richiede nella sua ultima poesia come rapimento unico di un'ispirazione. È questo slancio che ci conforta nel più crudo degli spasimi: -There, ah thereby I is comfort's carol of all woe's worst smart (70). Nel testo, come in una stretta finale, i singoli richiami tornano incastonati nella corona di parole, come vette di una catena che paiono richiamarsi fra loro. Così da verso a verso si rimandano le parole sospinte nell'energia ritmo che imprime il movimento, assegna il posto, tiene insieme l'unità e le parti, collega l'equivalenza delle figure, distribuisce il simmetrico e l'asimmetrico, mantiene il continuo, o porta l'arresto, imprime la rottura del discontinuo... Per concludere. Le qualità della scrittura poetica di Hopkins che si sono evidenziate: la monumentalità, cioè la distribuzione architettonica delle parti, l'uso del parallelismo come tecnica del rilievo, e poi la velocità, cioè la forza che serra il verso e lubrifica lo scorrimento del ritmo, sono entrambe qualità che ci riportano a Mallarmé. Sia per quella velocità così vicina alla musica, sia per la monumentalità che fa pensare alle molte osservazioni su Le livre, e sulla lingua: La lingua è un sistema di relazioni spaziali infinitamente complesse, di cui né lo spazio geometrico ordinario né lo spazio della vita pratica ci permettono di cogliere l'originalità, solo il testo poetico ce lo permette: esso solo mostra l'estensione di questo spazio. Forse un sistema di relazioni spaziali infinitamente complesso può anche essere visto, 107

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