bellezza «cromatica» e bellezza «diacronica». In tutti i casi l'effetto della riflessione è quello di avvalorare una teoria del rilievo, della dilatazione degli elementi in misura ordinata, ma incontenibilmente espansa, cioè suddivisa nelle parti e distribuita secondo il doppio modulo del simmetrico e dell'asimmetrico. Anche le gradazioni di passaggio fra mente, predisposizione, e parola, che abbiamo letto più sopra, tracciano un profilo della presa di parola sul parlante, disegnano cioè uno spazio che sta tra l'inerte deposito del vocabolario e l'atto vivente del discorso, con tanto di seduzione del parlante. Ora mettendo insieme tutto quello che Hopkins dice della bellezza complessa, della distribuzione delle volumetrie compositive, dei modi di uscita da sè delle parole, e della formazione del verso, abbiamo un discorso complesso da cui consegue un'immagine volumetrica della scrittura poetica. I rapporti interni, le reti di equivalenza, la selezione delle parole, l'organizzazione del testo nelle ampie sequenze: tutto questo si presenta come uno strutturarsi in spazio architettonico. Da questo punto di vista architettonico (e quanta strada da Ruskin) le gradazioni studiate come sake e prepossession non sono che prese al rallentatore: operazioni del laboratorio preliminare, momenti di confine, OQOL come li chiama Hopkins stesso, forti richiami destinati a muovere il motore della scrittura poetica. L'essenziale allora è la forza che presiede a questo organizzarsi in masse architettoniche della scrittura, l'essenziale è quel legare insieme i richiami di parola, come i covoni di «Hurrahing in Harvest», stretti nella velocità parallelistica del verso, nella carola che corre come un'onda, sostenuta dallo stress, dall'energia della creazione. Essenziale è la rapidità del tracciato, la velocità di formazione del profilo - naturalmente una velocità a posteriori, una velocità di cui il testo non è che l'ultima ricostruzione - che traccia, con lo slancio lubrificato di 106
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