Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

Sweet fire the sire of muse, my soul need this; I want the one rapture of an inspiration. (51, versi 9-10)35 Questi richiami sparsi in molte poesie delimitano il campo dei lamenti dell'«io», vi si congiungono e vi si distinguono nella sonorità e nel tono, e insieme, come nella visione parallelistica, aprono uno spazio in rilievo, una stereografia sonora che altro non è se non la figura riflessa e amplificata di una caratteristica specifica delle parole, teorizzata da Hopkins, che d'altra parte già nelle prime note ascoltava lo squillante richiamo del corno: quel tuba mirum spargens sonum. Nelle note sull'uso della parola sake Hopkins sottolinea «il modo di essere che una parola ha fuori di sé, come una voce con la sua eco, un volto con il suo riflesso, un corpo con la sua ombra.» Dunque le parole hanno un loro modo di uscire da sè, di lanciarsi in corsa verso il parlante con il loro richiamo, vezzeggiandolo perché alla fine ceda alla propria predisposizione e facendo leva sulla predisposizione delle parole stesse, che gli si fanno incontro, le possa usare scegliendole fra tutte per il suo discorso. Col riconoscimento di questa congiunta predisposizione egli le impiegherà allacciandole per il capo della passione. Sentiamo le sue stesse parole, da una nota del 9 febbraio 1868: 104 Tutte le parole significano o cose o relazioni di cose... A ogni parola che significa una cosa e non una relazione appartiene una passione o una predisposizione (prepossession) o entusiasmo che ha il potere di suggerire o produrre, non sempre o in ognuno. Questo non sempre si riferisce alla sua evoluzione nell'uomo e poi anche nell'uomo storicamente. [Questa predisposizione è qualcosa come l'anima, ma generale e non individuale]. ... Una parola allora ha tre termini che le appartengono, OQOL, o momenti: la sua predisposizio-

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