Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

... shall I earlier or you fail at our force, and lie the ruins of, rifled, once a world of art? (70, versi 2-4)3° avevamo già citato questo passaggio nell'analisi del sonetto 69, come allora avevamo anche citato il sonetto 40 «Carrion Comfort», il primo dei sonetti «terribili» dominato dalla figura della Disperazione, dove l'orrore per la lotta intrapresa allo stremo delle forze si ferma solo davanti al suicidio che è menzionato, esplicitamente, e rifiutato. Con la rovina di quell'«io» alle ultime corde d'uomo, siamo ricondotti alla posizione «terribile»: una voce sola sul campo di battaglia, dove Dio e la morte si scontrano, un volto un corpo rovistato dagli occhi del nemico impietoso, squassato nella tempesta (ancora Lear) rannicchiato a schivare e fuggire. La contemplazione della rovina è dunque la posizione di partenza poi mantenuta in tutti i sonetti «terribili». E al fuoco, al centro della messa a fuoco di quella contemplazione, ecco la voce dialogante: Not, 1'11 not, carrion comfort, Despair, not feast [on thee; Not untwist - slack they may be - these last [strands of man In me or, most weary, cry I can no more. I can; Can something, hope, wish day come, not choose [not to be. But ah, but O thou terrible, why wouldst thou [rude on me Thy wring-world right foot rock? lay a lionlimb [against me? scan With darksome devouring eyes my bruised [bones? and fan, O in turns of tempest, me heaped there; me fran­ [tic to avoid thee and flee? (40, versi 1-8)31 101

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