Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

te in Occidente, nella prima metà del secolo scorso. La poesia spaziale del secolo ventesimo giunse sino a rinunziare alle configurazioni geometriche per conservare soltanto una disposizione ritmica del testo, più simile al ritmo del verso libero che a quello della poesia metrica. Secondo Pierre Garnier le poesie visive tematiche dovevano cadere in desuetudine: vede perciò il principale merito del poeta tedesco Schwitters nel fatto che ha saputo evitare il pericolo di sprofondare nel campo visivo figurativo: «egli si mise a lavorare solo con le lettere e le diffuse ritmicamente sulla pagina» (1968, 62). La disposizione ritmica atematica caratterizza le poesie spaziali di padre Sylvestre Houdard (vedi Garnier, op. cit., pp. 38 sgg.). Hainz Gappmayr dispone i molteplici sind (sono) in maniera irregolare, al fine di creare un ritmo complesso, dissonante (Garnier, op. cit., 55). Nelle poesie visive di Franz Mon «ogni lettera... varia le sue forme, si rompe, si ripete, si moltiplica; non si dispone più in base a un disegno, ma secondo la sua personalità e il suo autore» (Garnier, op.cit.,64). L'organizzazione ritmica è fondamentale per la scrittura spaziale, secondo Laszlo Papp (1978, 50, 81, ecc.). Nei suoi testi poetici, e nelle sue considerazioni teoriche, Pal Nagy riserva un posto importante ai segni che non hanno valore fonetico, come i trattini, le parentesi, le barre, i quadrati, i cerchi (segni di grado o di ordinale). Tutti questi segni sono presenti in virtù della propria sostanza grafica. «Per la loro polivalenza, il loro carattere transitorio - sono e insieme non sono segni linguistici - appaiono particolarmente adatti a servire di giunzione tra diversi sistemi semiotici», commenta Pal Nagy (1978,80). Questa tesi viene illustrata in numerosi passi della sua opera teorica e pratica: (35) un cammino porta 80

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