alla, per lui decisiva, esperienza della guerra, della prigionia, della morte del fratello aviatore. Ma questi aspetti della sua biografia vanno sicuramente presi in considerazione, se non altro come «concausa», o almeno elementi non certo secondari di questa scelta. Che tale esperienza ritorni le mille volte negli seritti letterari gaddiani è stato largamente rilevato; e, del resto, egli lo afferma esplicitamente proprio nella Meditazione milanese: «La mia scuola letteraria, poi, va dallo Stelvio al Capo di Spartivento, per quanto concerne la purità del dire: e così alcuna volta parrò malgrazioso, e allobrogo e retico: e per altri criteri va dal Carso, dove ho sudato, alla landa hannoverese e alla fortezza di Federico in Rastatt, dove non disdegnai le bucce crude delle patate: e dall'Adamello e dai selvosi altipiani ad altri siti ancora»16_ Ma forse va, specificamente, sottolineato, il ruolo cui essa, talvolta, assolve all'interno della Meditazione, e sin dal suo stesso incipit: Quando le nuvole sorgono, come sogni, dai monti e dalle foreste: diademate di folgori le montagne attendono i battaglioni d'assalto: il soldato si ferma, guarda lontano e pensa: 'Quali saranno i miei atti?' Ma già sono. Così ci chiediamo: 'Donde comincerò?' Ma abbiamo già cominciato17. E leggiamo più avanti: Nelle stanche albe, al risveglio, in quei pochi attimi di intuizione che precedono il risveglio e che Dante e S. Caterina dicono propizi alla ricezione della luce, quando l'anima alle sue vision quasi è divina, quante volte, in guerra, i comandanti, i generali, ecc. mi apparvero non come persone, ma come non-persone. In essi la realtà lavorava, per essi si esprimeva. Ed esprimeva il 173
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