Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

cazioni della corte del viceré. Questa scrittura non si solleva mai dalla prosa dell'esistenza, vi sommerge anche le sue metafore e i resti di morte allegorie, vi accumula indifferentemente, per una pigra e irresistibile inflessione denotativa ed enumerativa, cose materiali e morali. Difatti i quattro gentiluomini, tutte le volte - e non sono poche - che si diffondono col loro commento a spiegare ingegnosamente e a rifinire in artificiose sentenze la sostanza delle lettere, filano francamente il loro «ozio» in ridondanti sciatterie e forme barocche di chiacchiera; in fondo, a dire ogni cosa basta quasi sempre il corsivo delle lettere. È comunque nei segni delle cose esposte, direttamente o per quella particolare catacresi giocata da un materiale letterario, che si ritrovano frammenti e riflessi della vita di Ferrante: solo da tali segni e sostanze si possono svolgere alcuni elementi per una biografia del libertino. Una lettera discorre, come nel ricordo di un'allegria sventata e lunga, delle cortigiane di Venezia11 : pregia la «frequenza», il gran numero, la varietà delle indoli, le qualità raffinate di quelle«bellissime Veneri», celebra la loro «vera arte» nel «fabricare le dolcezze amorose», ma anche nel formare, con l'inesauribile risorsa delle stesse qualità, astuzie e inganni d'ogni genere, e «le frodi» e «i tradimenti» di cui abbisognano per mascherare il contagio che spargono di «morbi» e «peste» e«ghianduzze». Piuttosto che quel«buonuomo» che si vergogna maledettamente di mostrare agli ispettori di Parnaso le «galanterie» che porta nelle carni, piuttosto che quella figura troppo esplicita e improbabile nella sua«semplicità», è il commercio di piaceri, nequizie, «qualitadi» e miserie in gran «cumulo», raccontato da questa lettera come se accennasse immagini di una baldoria miracolosamente consumata senza danno, a portare il dettaglio di quel ri154

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