Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

di un'esistenza. Se questo è il modo, nel libro di Ferrante si può discernere un rovesciamento, in forma estrema, di quella sazietà corrotta, che il secolo stesso si riconosce e chiama «svogliatura», e che il gusto barocco fomenta come «nausea» vera o presunta «delle cose cotidiane» (Tesauro) e di tutti i piaceri provati, di tutte le voglie soddisfatte, e svolge e propaga in una ricerca futile e inquieta del nuovo, in una incessante scontenta curiosità. Il rovesciamento che compie il Corriera ha contenuto etico ed è irreparabile: la «nausea» attrae e ferma lo sguardo sulle cose che la producono, domina nel libro con la natura di tutte queste cose, e non dà scampo: rivolta dentro di sé ogni segno e immaginazione e vanifica sul nascere - quando fosse, per uno scatto della lettura - qualunque idea o aspettativa di cambiamento, qualunque curiosità di nuovi piaceri (anche della letteratura), di nuovi valori. Per questa conversione o si può dire trascrizione definitiva della «universal svogliatura» in allucinata fissità, in disgusto insuperabile, per questo rovesciamento e arresto dello sguardo e degli stessi rapporti con lo stato delle cose, parrebbe di poter riconoscere un carattere al Corriera, e che il libro abbia modo di distinguersi e di emergere finalmente dall'archivio più polveroso della nostra prosa barocca, dove il tempo, dopo l'avventura libertina, lo ha seppellito. Ma è un destino formato da quella svogliatura assoluta e inerme, segnato e spiegabile come una contraddizione: per cui il carattere si manifesta specialmente in un invincibile squallore della scrittura, nauseata dei suoi stessi livori, dei suoi stessi veleni, e il modo allora è un ultimo abbandono, un lasciar perdere tutto, e distinguersi proprio provvedendo l'oblio, meritandoselo infine con la polvere e la sepoltura in questo archivio. Proprio qui, in elementi d'abbandono e d'ingombro, trovo la verità singolare del Corriera; e può essere un ef149

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