luogo della reclusione nel circuito chiuso del gioco o nell'autarchia di un «cosmo» teatro di «euresi logica» l'indagine dovrà - analogamente allo stratega del Castello di Udine - «percepire l'al di là» rispetto all'esigua fattispecie tecnica, curare di rappresentarsi le intricate correlazioni che la immergono nel gran concerto del mondo (CU · 26). L'immagine un po' calligrafica del «disegno» tenderà quindi ad evolvere verso logiche più complesse, più fedeli alla figura tematica del «groviglio». A entrare in gioco è qui il respiro relazionistico della filosofia di Gadda, che insiste tanto sulla latitudine dell'«'organatività' euristica» (170), certo non comprimibile nel circuito asettico dell'ideazione progettuale, quanto sul viluppo di connessioni, ascendenze, retaggi che ciascun processo ideativo intrattiene col proprio contesto, in quanto pratica di senso. La diffusione dell'euresi viene allora allargandosi a macchia d'olio irradiandosi dal suo nucleo, l'invenzione artistica o intellettuale («Il creare, secondo una visuale o modo o tecnica che dir si voglia, è appunto euresi o arte», VM 77). Qui l'euresi denota lo spostamento o aberrazione stilistica dai «canoni obbligativi» o «maniere» vigenti (ossia da ciò che è già «acquisito all'euresi», 85), fosse anche per variazioni infinitesimali o «minima logico-euristici» (291): in tal senso, «ogni autore è un po' eurista» (230), giusta l'etimologia che indica un incremento di modalità espressive su un fondo di stilemi più o meno invarianti. Ma il propagarsi dell'euresi non segue solo la via regia dei moduli espressivi o delle forme di sapere, e comporta semmai un approfondimento nel folto dello scenario empirico-pragmatico: infiltrandosi nella brulicante molteplicità delle pratiche (dai «ludi d'amore del garzone» al senso strategico di «commercianti» e «costruttori», o di «chiunque amplia o crea o fa»); fino ad irrigare, per progressivi slittamenti di senso, il sottosuolo del «mondo biologico o operatore», i codici del cor126
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