Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

siderato dall'autore dell'articolo come un'illustrazione grafica del contenuto verbale, concettuale, della poesia. Ciò vale anche per il calligramma del cigno di Mallarmé: Albert Thibaudet (1913) vede nella disposizione delle vocali i nell'insieme dell'ultima strofe - le parole rimano in i e la vocale i riempie l'ultimo verso - l'evocazione visiva del cigno nel suo sfondo gelato. Allo stesso modo, per percepire una figura all'interno di una frase, occorre considerare i rapporti semantici e/o sintattici degli elementi della frase in maniera simultanea. La visione spaziale designata dal termine emboftement (incastro) che designa l'iperbato, da iperbaino, «passare al di sopra», riflette fedelmente la struttura sintattica stratificata a cui perviene la trasformazione di una sequenza semplice (lineare). Mettendo sullo stesso piano i due membri dei sintagmi separati dalle inserzioni, si ottiene il primo verso della celebre ode di Orazio (Odi II,3): (41) la aequam 2a memento 3a rebus in mentem lb servare 2b arduis 3b (abbi cura di conservare una mente sobria nelle difficoltà) L'aspetto visivo dell'iperbato e le sue varie funzioni sono stati posti in evidenza da Leo Spitzer (1926), a proposito della dislocazione dei sintagmi nominali proposizionali del tipo con sul viso grave un buono e dolce sorriso, che egli qualifica come «Spreizstellung» - posizione a gambe allargate. Questa struttura spaziale virtuale (percettiva) permette al poeta di riprodurre al livello verbale la stratificazione orizzontale che si incontra nell'universo non verbale. 106

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==