re i momenti di quella costruzione (decostruzione) cui ho accennato; insomma, non baderò alla diacronia di un concetto o per dire meglio: di una condizione. Assumo l'insieme delle opere gidiane come .una compresenza, facendomi forte di una confessione di Gide stesso, riportata da Du Bos•: secondo cui egli, iniziando la carriera letteraria, s'immaginava di avere davanti a sé una serie di volumi ancora bianchi, le sue «opere complete» da riempire via via. Il che suppone la coscienza di una corrente interattiva continua fra i diversi elementi dell'insieme. Le «Nourritures sono una educazione - ma educazione a che? (come la dedica di Paludes interroga: «satire de quai»?) «Nathanael je t'enseignerai la ferveur»' è in pratica il primo enunciato, che però nessuno riuscirà a scambiare per l'assunzione di potere di un maestro, nel senso convenzionale del termine. Del resto, questo maestro non ha neppure un nome cui appoggiarsi, se non sia il nome di Ménalque: «mais Ménalque n'a jamais, non plus que toi-meme, existé»; e il possibile nome di André Gide viene cancellato in modo esplicito. Maestro e allievo, un allievo ancora da incontrare6, si sostengono essenzialmente della pura forma pronominale, je e tu (te), e credo proprio che sia partendo di qui che bisognerà cominciare a considerarne il rapporto. L'insegnamento è dunque promesso e promosso. Ma non può sfuggire che, nella forma di usteron proteron, quattro pagine più avanti, il testo s'era affrettato a opporre désinstruction a instruction: «J'ai passé trois années de voyage à oublier ..tout ce que je avais appris par la tete. Cette désinstruction fut lente et difficile; elle me fut plus utile que toutes les instructions imposées par les hommes, et vraiment le commencement d'une éducation..»7 • Il termine éducation ricorrerà con ben altro suono (o lo stesso?) nell'«Envoi» del libro: «Je suis las de feindre d'éduquer quelqu'un. Quand ai-je <lit que je te voulais pareil à mai? ... Eduquer! - Qui donc éduquerais-je, que mai84
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