prova - che si scrive, si continua a scrivere, la lingua è lì, a disposizione di chiunque voglia entrarvi e usarla. Ci sono dunque delle storie ancora, da raccontare, in America. La vita continua a offrire i suoi passatempi, i suoi divertimenti: nessuno dei quali è nuovo. Ma tutti si ripetono; perché fondamentalmente il postmoderno si preoccupa che le cose non vengano a mancare, nell'età dell'opulenza... E tuttavia qualcosa viene a mancare, e c'è exhaustion. C'è usura, oltre che noia, e stanchezza. C'è una ripetizione che sgomenta, una coazione che invade la scena. Il movimento nell'exhaustion è nel senso della perdita: l'energia impiegata è solo per ripetere. Il nuovo non accade. Ed è certamente singolare, questo: se si pensa che quel romanzo di cui qui vediamo oltre la fine, la sua posterità, all'inizio si chiamò novel proprio in ragione del fatto che ciò che lo distingueva da ogni precedente narrazione, e lo faceva perciò moderno, era che aveva a che fare con delle novelties - con delle novità. La dialettica tra vecchio e nuovo è secondo T.S. Eliot, un grande modernista, costitutiva della letteratura del Novecento. La creazione è rapporto, dice Eliot, tra tradizione e talento individuale: la parola assolutamente singolare, unica, dello scrittore entra in rapporto con le forme già elaborate, con la lingua già formata. È un rappporto di scontro, e di resistenza inevitabile. Lo scrittore moderno entra in lotta con il patrimonio di forme ricevute. Dice di sì - ma anche rifiuta. Ogni volta che lo scrittore scrive si modifica così tutto il panorama della tradizione esistente: il soggetto creatore novecentesco produce entro questo scenario di conflitto. L'opera ne è il risultato. Per lo scrittore postmoderno non è più così: rispetto al suo antenato, questo scrittore ha profondamente modificato il suo rapporto alla cosa creata. E se il principio organizzatore del novel era il nuovo, e dunque il novel pretendeva di esplorare new provinces of writing, e il suo archetipo era 71
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