· E la metrica in questa vita narrata è prodotta - secondo presupposto e persuasione - dal magistero diretto della divinità, la quale dona il lume necessario per le scelte, per la stessa ideazione e composizione degli Esercizi, e qui, dove è una vita a celebrare il rito e la lingua, qui, come il direttore del ritiro e tramite l'umiltà di circostanze e soggetti diversi, regola in un ordine che via via si fa visibile gli accadimenti e la libertà di questa vita che le corre incontro. Anche il metodo degli Esercizi - quella lingua come procedimento e norma - ha nella vita del pellegrino, in fatti puntuali per struttura svolgimento circostanze, applicazioni esemplari (alcune delle quali possono aver fruttato o precisato un punto o una regola del manuale). Il racconto dà le cose e gli avvenimenti in segni percepibili come essenziali, compone con perspicuità ogni storia nel luogo in cui si deve «contemplare» e ne svolge i punti - le persone da vedere, quello che dicono, quello che fanno -. Così il procedimento linguistico che negli Esercizi istruisce - secondo i Vangeli - e forma i misteri della vita di Cristo, è trasportato nel racconto a formare, secondo la memoria di Ignazio, i misteri della sua vita; e in alcuni di questi si vede un'azione o un'esperienza del pellegrino svolgersi nella forma di una delle regole o delle pratiche del manuale, come se ne eseguisse, con la caratteristica sua propria, lo «scenario». Sono i punti in cui il racconto fa intendere con chiarezza speciale, con una memoria calzante, come la nuova vita di Ignazio parli quella lingua dal principio alla fine, come quello sia prima di tutto il suo libro. Eccone uno, in cui si vede il pellegrino talmente determinato e raccolto con tutti i suoi sensi nella visita di un luogo santo, per contemplare un mistero di Cristo, più che in una esattezza storica, tra le cose stesse (senza perderne una39) in cui si compì, da correre, senza avvedersene o curarsene, pericoli di morte: Gerusalemme, 1523 57
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