Il piccolo Hans - anno XIII - n. 49 - gen./mar. 1986

Sta, a noi, alla nostra capacità di distinguere operatività e logica, formalismo e simbolismo, concretezza e astrazione, porre la linea di demarcazione tra ciò che appartiene al soggetto o all'oggetto. 6.2. Così è forse conveniente supporre che nulla è veramente introspettivo, se non lo stato della mente che converge la sua attenzione sulla propria soggettività: e la macchina che aiuta a far divenire operativo, nella mente dell'uomo, questo stato della soggettività, vi funge da supporto, o da lente d'ingrandimento, della soggettività che scaturisce dalla natura più estrinseca dei rapporti oggettuali. Poiché l'uomo, servendosi del crescente sviluppo della simulazione tecnologica degli eventi fisici e mentali, appare destinato ad avere una esplicitazione più efficace di questa soggettività (più efficace, ad esempio, di quella ottenibile da un foglio di carta o da una fotografia), si può solo convenire che l'uso tecnologico delle informazioni può mutare il suo stato soggettivo, rendendolo adatto ad una introspezione di tipo nuovo. Poiché la sua memoria ausiliaria si moltiplica, si moltiplica l'intreccio della sua soggettività più appariscente, che può fare da riscontro a quella usuale, interiore. 6.3. L'effetto di moltiplicazione può essere sia minimo, sia massimo, senza che da ciò si possa dedurre quanto di specificamente soggettivo poi ritorni all'uomo: nei processi creativi la quantità di materiale subordinato alla soggettività non compare né ostensivamente nell'opera, né in misura esplicita nella mente del soggetto. Lo stato di giudizio appare pertanto così radicalmente interno alla soggettività, che la sua oggettivazione in una simulazione più esteriore è ancora facilmente recuperabile e riassimilabile dal soggetto stesso. 198

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