Il piccolo Hans - anno XIII - n. 49 - gen./mar. 1986

Negli zenisti gioca piuttosto una salutare polemica contro l'involuzione scolastica e talmudica delle scuole confuciane del periodo Wan; ma anche il disinteresse sia per gli aspetti sociali che per quelli naturalisti del sapere. Ciò che conta è la «salvezza dell'anima», se possiamo usar. e metaforicamente questa espressione in un contesto che ha nell'impermanenza dell'io uno dei suoi dogmi fondamentali. «Fuori della tradizione, speciale trasmissione, che non si fonda sul testo, ma punta diritto al cuore dell'uomo, mira alla Natura e realizza la Buddhità». Questa strofe, attribuita a un monaco dell'VIII-IX secolo è probabilmente il più noto tra i tentativi di sintetizzare in pochissimi versi l'essenza del magistero zen. Essa conferma quanto si è venuti dicendo sin qui e sottolinea come la natura del suo insegnamento accosti per qualche verso il maestro zen all'analista più che al vescovo, al mandarino, al bramino, all'accademico; in breve a quasi tutte le figure che condividono una funzione docente. Va da sé che l'analogia con l'analista si ferma abbastanza presto; anche se diversi scienziati giapponesi hanno potuto utilizzare tecniche zen in funzione terapeutica e in un ·contesto clinico «occidentale», e anche se da tempo si è verificato un interesse piuttosto vivo verso indagini comparative tra lo studio del profondo e alcune discipline orientali (yoga e, appunto, zen)1 • In ogni caso, lo zen non può essere ridotto a una manipolazione terapeutica della psiche né a un semplice -orgasmo mistico-irrazionale. Questo, nonostante il fatto che l'aspetto più noto e più originale (nel senso sia di insolito che di caratterizzante) della pedagogia zen sia costituito da un corpus di battute, di aneddoti, di dialoghi8 esplicitamente elabor�ti per fare il contropelo a ogni senso comune e provocare quell'impazzimento liberatorio che costitui136

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