Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

ra niente va perduto. Ma l'inesprimibile è - ineffabilmente - contenuto in ciò che si è espresso»30 • Avevamo già costeggiato Wittgenstein nel nostro discorso, implicitamente, sulla sponda delle Ricerche Filosofiche a proposito della descrizione, e sulla sponda del Tractatus a proposto dell'assenso. Tutto quel mostrare su cui abbiamo tanto insistito rivela ora ciò che sta intorno alla cornice, rivela il nulla che la abbraccia, aprendo - con il bel titolo di capitolo tratto dalla Parola dipinta di Giovanni Pozzi31 - le finestre sul nulla. A differenza della Sonnambula di Bellini, Hopkins si risveglia nel mezzo del passaggio periglioso per scoprire, senza rete, l'abisso su cui avanza. Nella poesia questo assume forme che analizzeremo, ma comprendiamo già ora qual'è la causa di quel risveglio. Abbiamo descritto tutta l'avventura con cui Hopkins si è costruita la sua lingua, modellata sulla lingua parlata dagli uomini che come lui, e intorno a lui, si esprimono in inglese, nelle diverse forme di inglese. Questa lingua degli uomini è la vera causa dello stacco: essa rompe la solitudine profetica delle poesie della natura e di Dio, introduce a forza una presenza insostenibile - le esemplificazioni soho innumerevoli in tutte le poesie scritte dal '79 all'85 nel periodo di transizione che Gardner chiama poesie di Dio e degli uomini - e dissolve l'incanto di quello stato di· grazia, lasciando il posto a quello che chiameremo con una parola: il disagio della civiltà. Lo vedrema32 • Intanto il disastro delle azioni degli uomini, e del peccato dissolve la breve restituzione dell'Eden, mentre Hopkins, dall'alto dell'impalcatura che si è costruita, si ritrova solo e prossimo alla caduta. Meglio di qualsiasi commento vale, per concludere questa parte di lavoro, l'exergo che Melchiori ha posto in apertura del suo libro dedicato al manierismo nella letteratura inglese, I funamboli: L'uomo è una fune tesa tra il bruto e il 80

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