Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

Within her wears, bears, cares and combs the same: The widow of an insight lost shè lives, ... (51, versi 3-7) Non ore, anni, una vita -But where I say / hours I mean years, mean life (45). Sono questi i sonetti «terribili» che analizzeremo fra poco, è una seconda cacciata dal Paradiso terrestre, è la perdita degli inscape di natura: tutto un tempo vuoto nel quale la poesia conosce quella caducità dell'oggetto di cui parlava Wordsworth, e «l'io si spegne nel buio, diventa un fascio di suoni, un io estraneo». È a questo punto che tutto l'enorme apparato di studio che aveva portato alla breve fioritura trionfale dei primi sonetti dà l'impressione di un enorme cantiere adibito alla costruzione di una cattedrale gotica (di ruskiniana bellezza); ma le opere sono interrotte, i ponteggi aperti sul vuoto, le arcate spazzate dal vento e ribaltate sull'esterno che il tetto incompiuto disegna sul fondo. Nessuno dei lavori progettati sono portati a termine, gli schizzi, le annotazioni per lettera si moltiplicano, la forza del pensiero si applica in mille canali ma nulla che soddisfi Hopkins, che sia pubblicato, che realizzi il piano di lavoro. Anche lo scritto sulla rima che abbiamo ripetutamente citato, sebbene molto ampio, resta incompiuto. Solo la poesia continua, rara ma nuova, più contratta rispetto alla scansione dei sonetti gloriosi, di una perfezione compatta, organizzata su una diversa disposizione dei mondi ora separati. Il fortissimo passaggio dal momento fecondo della poesia degli anni '76 e '77 ai sonetti «terribili», scritti fra 1'85 e 1'89, getta una luce particolare all'interno delle posizioni di scrittura che reggono i due periodi. E soprattutto il secondo modifica la valutazione del primo per quanto riguarda la lettura che possiamo avere di quella compattissima fu70

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